Le imprese con a capo una manager donna registrano migliori performance: lo dice il rapporto Cerved “Le donne al comando delle imprese: il fattore D” diffuso oggi.
In cosa si traduce il “fattore D” per le imprese guidate da donne? Migliori risultati finanziari, ma anche minori rischi aziendali.
Le rilevazioni Cerved sembrerebbero infatti confermare che le imprese rosa generino più profitti rispetto alla controparte, risultando anche meglio gestite.
Non solo: una presenza femminile in consiglio di amministrazione risveglierebbe i “migliori istinti umani”, scongiurando crisi di vari natura all’interno dell’azienda.
E tutto, nonostante recenti studi dell’Università di Toronto – riportati dal Journal of Health and Social Behavior – rivelino tra i dipendenti un approccio altalenante nei confronti di un superiore donna (disagio/stima, gelosia/rispetto, sfiducia/sfiducia, ecc.).
Peccato che, rispetto alla media Ue, l’Italia sia solo 29sima – nella classifica a 33 Paesi – per numero di presenze femminili nei CdA di società quotate in Borsa.
Nelle Pmi c’è da supporre che lo scenario sia più variegato, ma non molto diverso. Migliore, invece, la situazione per le società individuali, dove il Cerved registra una maggiore stabilità.
Di fatto, nonostante le donne siano alla guida di imprese più piccole – le cui perfomance generali degli ultimi anni sono state inferiori rispetto alle aziende più grandi – queste manager sono riuscite a trainare ricavi e margini, chiudendo l’esercizio delle proprie aziende sempre in utile.