Per cercare di superare i dibattiti, spesso ideologici, sul tema lavoro, la Fondazione Nord
Est ha realizzato per Il Sole 24 Ore il primo rapporto nazionale
“L’Italia dei Lavori”: un sondaggio sui lavoratori dipendenti, nelle loro diverse forme contrattuali (tempi indeterminati, determinati, parasubordinati, ecc.) effettuato interpellando un campione di oltre 1.000 occupati nel settore privato e pubblico.
Un’indagine da cui emerge l’atteggiamento schiettamente meritocratico (83,9%) nei confronti del lavoro degli intervistati, mentre la visione egualitarista raccoglie poco più della metà dei consensi (56,5%). Così pure nei confronti dello sciopero, prevalgono quanti ritengono sia un diritto da esercitare secondo le norme prestabilite (38,1%) derogabile solo in casi eccezionali (39,2%).
Per quanto riguarda un’ipotetica stratificazione sociale delle professioni la figura dell’operaio si colloca all’ultimo posto di una classifica che vede al top gli imprenditori e i liberi professionisti, mentre il più ambito fra i luoghi di lavoro (30,9%) è l’ufficio pubblico. La fabbrica, luogo classico dello sviluppo industriale, è situata agli ultimi posti della classifica (4,8%), superata persino dall’azienda agricola (9,8%) e da quella artigiana (9,5%).
In base al Rapporto, gli aspetti organizzativi non conoscono significativi miglioramenti (carico di lavoro, stress, percezione di sicurezza del posto) e se la partecipazione alla formazione continua ad aumentare leggermente, tuttavia non subisce quella progressione che è invece intervenuta nell’utilizzo delle tecnologie.
Altro aspetto interessante è la percezione della precarietà del lavoro che oltrepassa la realtà oggettiva: tre quarti dei lavoratori (73,5%, circa 18,5 milioni) ha un contratto di lavoro a tempo indeterminato, il 18,8% (oltre 4,7 milioni) a tempo determinato, il 4,1% (1 milione circa) di collaborazioni a progetto e altro.