Gli analisti Reuters confermano una preoccupante tendenza: la crisi sta investendo anche l’Hi-Tech e lo fa persino nella culla delle nuove tecnologie: Silicon Valley.
Sul fronte occupazione, l’industria tecnica e informatica non fornisce più le garanzie di un tempo, neppure a livelli di alta professionalità. Il problema si aggrava per i giovani laureati, prime vittime dei tagli drastici a costi e personale.
Fuga dei cervelli sotto controllo? Amara considerazione questa, ma che in certo senso dona qualche speranza ai nuovi professionisti Hi-Tech e IT che in Italia non mancano e che, nonostante la crisi, sono oggi fortemente richiesti sul mercato (dati Unioncamere).
E se a Silicon Valley Sony, HP, Yahoo!, Adobe, Canon e Sun “tagliano” senza riserve – almeno 140mila licenziamenti in pochi mesi, secondo le rilevazioni Challenger, Gray and Christmas – l’unica ancora di salvezza sembrano essere know-how e qualifiche: Adecco evidenzia come le aziende preferiscano affidarsi ad “esperti” (magari richiamati da altre società o filiali) piuttosto che ai giovani neolaurati, magari a scapito di nuovi potenziali skills che si vanno perdendo.
In Italia le aziende reagiscono meglio: di fatto, questa realtà è pià grave in Usa che in Italia. Negli States la disoccupazione è infatti a livelli allarmanti (7,3% – 7,3%) per gli under 30, prime vittime dei tagli post-crisi secondo il Bureau of Labor Statistics statunitense.
Una possibile soluzione? La flessibilità contrattuale, da molte aziende vista come il giusto compromesso fra garanzia di riduzione del rischio e investimento in nuove risorse produttive.
In USA come in Italia: di certo, infatti, la questione occupazionale continua ad essere protagonista della crisi anche nel nostro Paese: non a caso, tra le parole più ricercate dagli italiani sul motore Google.it nel 2008 “lavoro” si piazza al terzo posto, come confermato da Google Zeitgeist…