Preoccupante la fotografia scattata da Confesercenti: in Italia il giro d’affari dell’usura ha raggiunto i 24 miliardi di euro, ma le denunce restano ancor troppo poche per riuscire ad invertire la tendenza di un mercato che si alimenta delle difficoltà incontrate da imprenditori e professionisti a causa della crisi.
Nel rapporto Usura 2017 Confesercenti – Sos Impresa si legge:
“La crisi ha aiutato l’usura a crescere. Durante la recessione, il mercato del credito illegale ‘a strozzo’ ha raggiunto un giro d’affari di circa 24 miliardi di euro, e coinvolge circa 200 mila imprenditori e professionisti del nostro Paese. Un dato in deciso aumento rispetto ai 20 miliardi stimati nel 2011, poco prima della crisi economico-istituzionale italiana, e che riflette l’aumento dei debiti medi contratti dagli usurati con gli strozzini, passati da 90 mila euro a circa 125 mila”.
=> Usura, più aiuti dallo Stato
Confesercenti sottolinea:
“Le denunce, però, sono rimaste al palo. Di fronte a queste valutazioni e alle stime di SOS Impresa, certamente calcolate per difetto, il numero delle denunce registrate negli ultimi anni appare infatti veramente risibile. Dal 1996, anno di emanazione della Legge 108, a oggi, assistiamo a un calo sistematico e apparentemente inarrestabile del loro numero: nel 2016 sono 408, nel 1996 erano 1436″.
Negli anni a cambiare sono stati anche i protagonisti dell’usura:
“Tramontato definitivamente (o quasi) lo squalo di quartiere, il mercato dell’usura è infatti sempre più in mano a gruppi organizzati, apertamente criminali e spesso dall’apparenza professionale: se nel 2008 solo il 20% circa degli usurai assicurati alle forze dell’ordine aveva legami noti con qualche mafia, la percentuale è salita al 40% nel 2016. In mano alla mafia, l’usura è diventata uno strumento finalizzato ad impossessarsi delle attività imprenditoriali della vittima e infiltrarsi quindi nell’economia sana”.
Se un tempo infatti le organizzazioni mafiose si dedicavano solo marginalmente a questo tipo di reato, spesso limitandosi a chiedere una congrua percentuale, il pizzo, agli usurai presenti nella zona sotto il controllo dei clan, oggi non è più così. Tra i motivi che hanno portato la mafia ad essere tra i protagonisti nel mercato dell’usura c’è la crescita del capitale richiesto dalle vittime:
“Si tratta di somme cospicue che il prestatore di quartiere non è in grado di soddisfare, mentre l’usuraio del clan, spesso il ragioniere che gestisce la liquidità che deriva dal traffico di droga e delle scommesse, nel giro di poche ore può soddisfare anche le richieste più impegnative. In secondo luogo, paradossalmente, aumentano le sofferenze anche per i prestatori a nero, e solo gruppi particolarmente attrezzati, dotati di un’organizzazione e di un carisma criminale importante, sono in grado di riscuotere con certezza le rate usurarie scadute”.
=> Certificazione Antimafia
Tutto questo, unito alla scarsa punibilità del reato, denuncia Confesercenti, ha prodotto un cambio di mentalità:
“Molti boss, piccoli o grandi, non considerano più spregevole tale attività, anzi il titolo di usuraio mafioso s’inserisce compiutamente in quell’economia corsara, immensamente ricca e altrettanto spregiudicata, priva di regole e remore”.
L’analisi Confesercenti delinea anche l’identikit dell’usurario tipo:
- l’usuraio è in prevalenza un uomo (87%) maturo di età compresa fra i 41 e 53 anni, con un ben 34% che ha superato i 56 anni, nato nell’Italia meridionale (66%);
- ufficialmente è un imprenditore, ma data l’età molti sono i pensionati (30%) o addirittura disoccupati nullatenenti (5%). tutti dichiarano un reddito medio basso;
- significativa la percentuale di liberi professionisti, avvocati e commercialisti in testa (8%) e consistente quella di amministratori o soci di società finanziarie (20%);
- il 40% di essi è in qualche modo legato alla criminalità organizzata, erano poco più del 35,8% rilevato nel 2010 e del 20,1% del 2008.
Anche la vittima dell’usura è in prevalenza un maschio (70%), ma con una importante presenza di donne (30%) e con un’età compresa tra i 55 e 58 anni. Si tratta di soggetti maturi, nella stragrande maggioranza imprenditori. Confesercenti spiega:
“Vittime e carnefici frequentano gli stessi ambienti economici e sociali, ma hanno altre caratteristiche comuni: età, attività, ambienti ricreativi a dimostrazione di un identico humus culturale”.
.