Rigetto INPS per molte, troppe, domande di certificazione del diritto all’APE Sociale: con un’interpretazione restrittiva della norma (quando non addirittura in mancata ottemperanza), l’istituto di previdenza starebbe escludendo lavoratori che avrebbero diritto al beneficio. Questa la denuncia del patronato INCA della CGIL. Non è d’accordo l’INPS, che replica dichiarando di applicare leggi e regolamenti. Il tutto, a ridosso della scadenza del 15 ottobre per l’esito del monitoraggio sulle istanze inviate e ammesse in base alle risorse disponibili. E scoppia la polemica.
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Rigetti in dubbio
La denuncia del patronato: l’INPS ha bocciato le domande spesso con motivazioni definite:
“in contrasto con le disposizioni della norma e del decreto applicativo relativo all’APE Sociale”.
Le interpretazioni su cui sorgono i dubbi sono, in particolare, quelle relative ai seguenti requisiti:
- riconoscimento dello stato di disoccupazione,
- lavoratori addetti ad attività gravose e rischiose,
- contribuzione versata in paesi esteri.
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Per quanto riguarda i lavoratori disoccupati, la norma stabilisce che possono fare domanda coloro che risultino senza lavoro a seguito di licenziamento, dimissioni per giusta causa o risoluzione consensuale e senza ammortizzatori sociali da almeno 3 mesi. Spiega la Cgil: l’INPS interpreta la norma considerando anche un solo giorno di rioccupazione, retribuito con voucher, nei tre mesi successivi al termine dell’ammortizzatore sociale, sufficiente a far perdere il diritto all’indennità APe sociale. Il sindacato confederale ritiene che questo confligga con quanto disposto dall’articolo 19 del dlgs 150/2015, in base al quale «sono considerati disoccupati i soggetti privi di impiego che dichiarano, in forma telematica, al sistema informativo unitario delle politiche del lavoro, la propria immediata disponibilità allo svolgimento di attività lavorativa e alla partecipazione alle misure di politica attiva del lavoro concordate con il centro per l’impiego». In pratica, secondo la Cgil eventuali periodi di rioccupazione, occasionale o comune con retribuzione inferiore agli 8mila euro annui per i lavoratori dipendenti e 4mila 800 euro per gli autonomi, non dovrebbe far perdere il diritto al beneficio previdenziale.
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Critiche anche sulle domande respinte a lavoratori che non hanno percepito gli ammortizzatori sociali (perché privi dei requisiti o per non aver presentato domanda in tempo). In questo caso, sottolineiamo che la norma in effetti prevede necessariamente la percezione degli ammortizzatori sociali per il diritto all’APe sociale, tanto che si sta pensando di eliminare questo paletto con apposito provvedimento da inserire in Legge di Stabilità (la materia è stata comunque oggetto di negoziato fra Governo e sindacati).
Per quanto riguarda i lavori gravosi, il patronato spiega che vengono respinte domande con motivazione molto generiche, che rendono necessarie analisi approfondite e rendono difficile la presentazione di istanza di riesame entro 30 giorni. Infine, l’INPS respinge le domande di APe social di lavoratori con contribuzione versata in paesi esteri, compresi la Svizzera, gli Stati UE o dello Spazio Economico Europeo, e i paesi con convenzioni bilaterali, per effetto di un’interpretazione prevista dalla circolare applicativa 100/17 e ribadita nel messaggio del 31 luglio scorso, senza tenere adeguatamente conto dell’articolo 6 del regolamento UE 883/2004, in base al quale se “uno Stato membro subordina il diritto ad una prestazione alla maturazione di periodi di assicurazione, di occupazione, di lavoro autonomo o periodi di residenza, deve tenere conto dei medesimi periodi maturati sotto la legislazione di ogni altro Stato membro, come se si trattasse di periodi maturati sotto la legislazione che essa applica”.
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L’INPS risponde che in materia di APE sociale, così come per tutti i servizi erogati, applica le leggi e regolamenti vigenti a seguito di approfondite istruttorie condotte coi Ministeri vigilanti, e sottolinea che anche la circolare 100/2017, che fornisce istruzioni in merito all’applicazione dell’APE sociale, è stata condivisa nel suo impianto generale dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ed applica la normativa così come risultante dai testi legislativi vigenti.