Ancora una volta l’analisi dei dati dell’INPS confermano l’esistenza di differenze nel settore pubblico e privato dal punto di vista delle assenze per motivi di salute, un gap che è stato recentemente riportato sotto i riflettori con la proposta del presidente INPS, Tito Boeri, di modificare la reperibilità in caso di malattia, ovvero le fasce orarie per le visite fiscali, rendendo tutti i lavoratori pubblici e privati reperibili per almeno 7 ore al giorno (oggi 4 ore per i privati e 7 per i pubblici).
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I numeri, analizzati dall’Ufficio Studi della CGIA Mestre, dicono che nel pubblico impiego sono state registrate nel 2015 assenze per malattia per il 57%, contro il 38% del settore privato, per un totale di quasi 9 milioni di assenze di dipendenti pubblici delle quali il 62% circa è riconducibile ai dipendenti del Centro-Sud. Di contro la durata media annua dell’assenza per malattia dal luogo di lavoro nel privato è di 18,4 giorni, nel pubblico di 17,6 giorni. Dunque, nonostante in assoluto i numeri del settore privato appaiano più alti (per numero di giorni di malattia, eventi e dipendenti coinvolti), essendo il numero di dipendenti privati 4 volte maggiore rispetto a quelli del settore privato, i numeri percentuali del pubblico impiego pesano di più: nel privato è coinvolto un dipendente ogni 3 circa, nel pubblico più di uno su due. Inoltre la ricerca evidenzia il maggiore trend di crescita negli anni 2012/2015 di eventi di malattia nel pubblico rispetto a quella registrata nel privato: +11% rispetto a +0,4%.
Tra il 2012 e il 2015 sono aumentate del +11,9% in tutte le regioni d’Italia le assenze per malattia nel pubblico impiego, con punte che superano il 20% in Umbria e Molise, mentre nel privato si sono registrati dei cali in ben 9 Regioni e il dato medio nazionale è aumentato solo del + 0,4%.
I dati sono stati estratti dall’Osservatorio sulla certificazione di malattia dei lavoratori dipendenti privati e pubblici dell’INPS, avviato nel 2011 e non tengono conto delle assenze riferite alla gravidanza, alle disposizioni previste dalla legge 104/1992 (assistenza disabili) e alla donazione del sangue:
«Se fosse stato possibile includere anche le assenze ascrivibili alle fattispecie appena elencate – dichiara il Segretario della CGIA Renato Mason – probabilmente lo scarto tra pubblico e privato sarebbe aumentato notevolmente, facendo impennare il numero di quelle ascrivibili ai dipendenti pubblici».
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Il coordinatore dell’Ufficio studi, Paolo Zabeo, commenta così i risultati dell’analisi:
«È evidente che non abbiamo alcun elemento per affermare che dietro questi numeri si nascondano forme più o meno velate di assenteismo. Tuttavia qualche sospetto c’è. Se in Calabria, ad esempio, tra il 2012 e il 2015 le assenze per malattia nel settore pubblico sono aumentate del 14,6%, mentre nel privato sono scese del 6,2%, è difficile sostenere che ciò si sia verificato perché i dipendenti pubblici di quella regione sono più cagionevoli dei conterranei che lavorano nel privato».
Dal punto di vista dei provvedimenti disciplinari si registra un aumento: nel 2015 sono state 1.690 le sospensioni dai luoghi di lavoro, contro i 1.334 del 2014; i licenziamenti sono stati 280 (pari a meno dello 0,01% del totale degli occupati nel pubblico impiego), contro 227.
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