La nuova legge contro il caporalato in agricoltura attua una stretta contro il lavoro nero aumentando le pene per lo sfruttamento, introducendo la confisca dei beni, l’arresto in flagranza e un piano di interventi a sostegno dei lavoratori. La legge, voluta dal ministro delle Politiche agricole Maurizio Martina, è stata approvata con il sostegno di Pd, Si, M5s, Fdi, Socialisti e Ap, e con l’astensione di Forza Italia e Lega.
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Datori di lavoro, imprese che sfruttano il lavoratore e chi commette il reato di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro rischiano 6 anni di reclusione e la pena può arrivare ad 8 anni se c’è violenza o minaccia verso il lavoratore. In più verrà applicata una multa da 500 a 1.000 euro per ciascun lavoratore reclutato (fino a 2.000 euro per ogni lavoratore con l’aggravante della minaccia o violenza).
Altre aggravanti che vanno ad aumentare la pena da un terzo alla metà sono:
- un numero di lavoratori reclutati superiore a tre;
- soggetti reclutati che siano minori in età non lavorativa;
- l’aver commesso il fatto esponendo i lavoratori sfruttati a situazioni di grave pericolo.
Verrà invece applicata un’attenuante in caso di collaborazione con le autorità.
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La disciplina viene quindi riscritta estendendo la responsabilità al datore di lavoro e disponendo la possibilità per il giudice di avviare un controllo giudiziario sull’azienda. Tra le altre novità sanzionatorie anche l’introduzione della confisca dei beni, l’arresto in flagranza e l’estensione della responsabilità degli enti. Per le vittime del delitto di caporalato viene previsto un indennizzo, estendendo le finalità del Fondo Antitratta anche alle persone sfruttate nei lavori agricoli.
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