Il potenziamento della flessibilità in uscita (pensione anticipata) è fra i punti forti della Riforma Pensioni che il governo prepara per la prossima Legge di Stabilità, attesa per metà ottobre. Il sottosegretario alla presidenza del consiglio, Tommaso Nannicini, intervistato da Avvenire, precisa che i costi dell’APE, anticipo pensionistico per ritirarsi a 63 anni:
«saranno più bassi di quelli che si dicono, ma è presto per fare numeri».
Nannicini ricorda che ci saranno anche:
«l’APE sociale, dove lo Stato si farà carico di garantire un reddito-ponte minimo per chi vi accede in stato di bisogno, e l’APE aziendale, dove saranno il datore di lavoro o un fondo bilaterale a farsi carico dei costi».
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Il governo reputa dunque di poter allentare le strette maglie della Riforma Pensioni Fornero, eppure l’OCSE valuta negativamente la sostenibilità del nostro sistema previdenziale.
La spesa in Italia per le pensioni è la più alta dei paesi OCSE, quella pubblica tra le più elevate al mondo e per numero di Neet (giovani che non studiano né lavorano) siamo secondi in Europa dopo la Turchia, anche per l’innalzamento dell’età pensionabile.
Sono i dati del report OCSE “Uno sguardo sulla società 2016” che, tra le altre cose, traccia il quadro del nostro sistema previdenziale lanciando un monito sulla sua scarsa sostenibilità, pur apprezzando gli sforzi compiuti con le ultime pesanti riforme volte a renderlo meno costoso per le casse dello Stato, grazie al sistema contributivo e all’inasprimento dei requisiti di accesso alla pensione.
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La spesa totale italiana per i servizi pubblici arriva al 29% del PIL, nettamente sopra la media OCSE (22%); il quarto livello più alto del mondo dopo Francia, Finlandia e Belgio. I dati OCSE vengono criticati dalla UIL, secondo cui:
«l’OCSE continua a dare una rappresentazione completamente errata della spesa pensionistica italiana»
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Nel 16% del PIL attribuito dall’OCSE alla spesa pensionistica:
«sono ricomprese tutta la spesa assistenziale, 53 miliardi, il TFR, che è salario differito, e numerose altre voci che non hanno niente a che vedere con la previdenza».
La spesa pura per pensioni, in Italia, come più volte dimostrato dalla UIL, è del 10,15%, quindi sotto la media europea.
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Se l’età pensionabile alta rende il sistema più sostenibile sul lungo periodo, l’eccessivo irrigidimento s questo fronte ha come effetto, secondo il report, l’aumento dei Neet (Not in employment, education or training). Fenomeno a cui il report dedica un focus specifico, con dati allarmanti: a livello internazionale, i Neet rappresentano il 15% della popolazione giovanile, in termini assoluti sono circa 40 milioni, e in due casi su tre non cercano attivamente lavoro. Il reddito lordo che avrebbero prodotto lavorando è calcolato fra i 360 e i 600 miliardi di dollari, che significa una percentuale compresa fra lo 0,9 e l’1,5% del pil dell’area OCSE.
L’incertezza legata al lavoro e al reddito, prosegue l’analisi OCSE, può impedire ai giovani di raggiungere altre tappe caratterizzanti dell’età adulta, esponendoli ad uno stato di disillusione e scoraggiamento. A lungo termine, tale incertezza può anche avere gravi effetti sulla salute, la natalità e la criminalità, e, da ultimo, può compromettere la coesione sociale». In Italia, i Neet sono il 27% dei giovani (più di uno su quattro), al secondo posto dopo la Turchia.