Luci e ombre sui voucher lavoro INPS: se da una parte danno una spinta all’emersione del lavoro nero e agevolano l’occupazione, semplificando il ricorso ai lavoratori occasionali, anche grazie alle modifiche introdotte dal Jobs Act in termini di comunicazione telematica preventiva, utilizzo e operazioni di acquisto e incasso, dall’altra è possibile che i lavoratori retribuiti in questo modo non riescano mai ad accedere alla pensione.
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A puntare il dito sui voucher lavoro e il diritto alla pensione è il Centro Studi della CISL Veneto: i buoni lavoro non permetterebbero ai lavoratori retribuiti in questo modo di accedere alla pensione, o meglio farebbero loro arrivare a soddisfare i requisiti previdenziali superati i 100 anni, per poi accedere ad un assegno pensionistico di massimo 673 euro al mese.
Onofrio Rota, segretario regionale della CISL, spiega:
«Un voucher vale 10 euro: il 13% se ne va in contributi previdenziali, il 7% nelle casse dell’INAIL, il 5% finanzia i costi del servizio. Con le soglie attuali chi viene remunerato esclusivamente tramite voucher anche al massimo consentito, per maturare i requisiti minimi per la pensione con il sistema contributivo dovrebbe lavorare per 126 anni e mezzo».
Facendo due conti, sommando ai 126 anni di contributi l’età media di chi accede al mondo del lavoro, coloro che vengono retribuiti esclusivamente mediante buoni lavoro dovrebbero vivere 150 anni per poter accedere alla pensione.
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Come soluzione a questo problema, la CISL popone invece l’incremento dal 13% al 27% della contribuzione a spese però del lavoratore, che percepirebbe quindi un netto più basso (oggi gli restano 7,50 euro netti a voucher del valore di 10 euro), a meno di non far ricadere il carico del maggior costo pensionistico sui datori di lavoro che però a quel punto potrebbero essere disincentivati a ricorrere ai buoni lavoro.