Sono in arrivo le buste arancioni contenenti la previsione della pensione futura degli Italiani, tra qui numerosi giovani. Dalle informazioni in essa contenute, reperibili anche tramite l’applicativo “La Mia Pensione INPS” disponibile sul sito dell’Istituto, si evince come siano in molti i giovani per i quali l’uscita dal mondo del lavoro per andare in pensione sia prevista oltre i 75 anni di età. Un messaggio che secondo Susanna Camusso, segretario generale della CGIL, rischia di diffondere sfiducia. Ammonendo il presidente INPS, Tito Boeri, ha dichiarato:
«Proporre in questo modo la previsione di pensione a 75 anni è irragionevole e rischia di passare un messaggio pericoloso di sfiducia ai giovani».
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Ma non è il presidente INPS ad aver fatto le regole del sistema previdenziale italiano attuale: la Riforma Pensioni Fornero (dl 201/2011, il Salva Italia) ha previsto all’articolo 24, commi 7 e 11, il collegamento tra le tempistiche di uscita dal lavoro e il reddito percepito. In sostanza, per chi ha il primo accredito contributivo dopo il primo gennaio gennaio 1996, l’applicazione dell’adeguamento alla speranza di vita al requisito anagrafico fa sì che l’età pensionabile dal primo gennaio 2016, sia pari a 70 anni e 7 mesi.
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Per quanto riguarda la pensione anticipata, se il primo accredito contributivo è successivo al primo gennaio 1996, l’accesso alla pensione anticipata con almeno 20 anni di contribuzione effettiva e il rispetto delle soglie minime è pari, dal primo gennaio 2016, a 63 anni e 7 mesi. Ma qui subentra la questione “retribuzione”:
- se non si riesce a stare sui livelli previsti per accedere alla pensione anticipata, ovvero pensione lorda mensile non inferiore a 1.250 euro (2,8 volte l’assegno sociale, oggi pari a 448 euro) bisognerà rimanere al lavoro fino a 70 anni e 7 mesi;
- se non si riesce a stare sui livelli previsti per accedere alla pensione di vecchiaia pari a una volta e mezzo l’assegno sociale (670 euro), bisognerà restare al lavoro fino a 66 anni e 7 mesi.
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Mettendo insieme l’effetto dell’insieme delle norme previste dall’attuale sistema previdenziale italiano che non premia le carriere intermittenti ed i buchi contributivi, che oggi caratterizzano il mondo del lavoro, che penalizza i redditi bassi e che si basa su un miglioramento della speranza di vita forse troppo ottimistico, per i nati nel 1980 si arriva addirittura ad una previsione di accesso alla pensione a 76 anni e 4 mesi.
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In ogni caso, anche se non si tratta di una situazione causata dall’INPS, secondo la CGIL:
«Proporre in questo modo la previsione di pensione a 75 anni è irragionevole. Rischia di sembrare un annuncio e non una criticità da affrontare. Rischia inoltre di passare un messaggio pericoloso di sfiducia ai giovani con molti che reagiscono dicendo allora non pago più i contributi».