Ache il presidente della Commissione Lavoro alla Camera, Cesare Damiano, incalza il Governo sul fronte Riforma Pensioni, rilanciando sulla flessibilità in uscita:
«Renzi ha elencato la corsa ad ostacoli che dovranno superare l’Europa ed il Governo nel 2016 e ha individuato alcune priorità: la riforma della Pubblica Amministrazione, quella costituzionale e la mozione di sfiducia del 19 gennaio prossimo. Non vorremmo che il premier dimenticasse di aver promesso che nel 2016 si sarebbe affrontato il tema della flessibilità delle pensioni».
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Sulla proposta Damiano di Riforma Pensioni c’è un testo in discussione in Commissione, che prevede la pensione anticipata a 62 anni e 7 mesi (4 anni di anticipo rispetto all’attuale età pensionabile di 66 anni e 7 mesi) e 35 di contributi, accettando una penalizzazione dell’assegno intorno al 2% per ogni anno di anticipo (quindi al massimo dell’8%). Tutto questo, secondo Damiano, avrebbe un costo per i primi 4anni stimato in 8 miliardi di euro ma,
«per i successivi 19, per arrivare alla speranza di vita media di 85 anni, avremo solo risparmi. Siamo pronti a dimostrare che il provvedimento complessivamente è a costo zero».
La riforma, spiega Damiano, offre ai lavoratori la possibilità di scegliere:
«Chi fa un lavoro non faticoso e soddisfacente potrà proseguire fino al requisito normale di pensionamento, ma chi ha un lavoro pesante e senza soddisfazioni e ritiene di poter sostenere una decurtazione, avrà la possibilità di uscire. In più si crea un’uscita di sicurezza per chi perde il lavoro dopo i 60 anni. Se Renzi vuole fare una politica di occupazione per i giovani non può avere aziende di quasi settantenni con i giovani esclusi dal lavoro. Quella delle pensioni è una riforma per l’occupazione».
Ricordiamo che fra le ipotesi di riforma delle pensioni c’è anche quella del presidente dell’INPS, Tito Boeri: possibilità di ritirarsi a 63 anni e un meccanismo di decurtazione che riguarda solo le quote retributive, con taglio massimo del 9,4%.
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Damiano si esprime in termini favorevoli anche per una eventuale ottava salvaguardia esodati «a meno che la flessibilità non risolva il problema»: «secondo i dati INPS resterebbero ancora fuori 20mila persone».