L’Unione Europea preferisce la Cina agli Stati membri. A decretare il fenomeno, a prima vista controproducente, è il Rapporto Unioncamere 2007.
Lo studio ha analizzato le esportazioni di prodotti hi-tech all’interno dell’Unione Europea, rivelando luci ed ombre del mercato italiano. Nei 10 anni presi in esame, la quota dell’Italia è calata del 25%, relegando il Belpaese alle ultime posizioni della classifica europea, con un poco gratificante 2,96%.
A pesare sul dato è senza dubbio l’inarrestabile ascesa della Cina (10,4%), che continua a dilagare sui mercati di tutto il mondo non solo con i tradizionali prodotti a scarso valore aggiunto, ma anche con prodotti più avanzati come quelli hi-tech. Rispetto a 10 anni fa, dal Celeste Impero arriva una quantità doppia di merce hi-tech, pari al 37% dell’export totale.
Delle esportazioni italiane, invece, soltanto l’11% è ad alto contenuto tecnologico. Non mancano alcuni settori “forti”, come quello dei motori elettrici e le macchine motrici, le turbine a vapore e gli apparecchi fotografici. Tutt il resto, stenta a restare a galla. Anche un settore tradizionalmente richiesto dai partner europei, come quello dei “medicamenti per la medicina umana”, ha subito una flessione dell’1%, nonostante l’export sia cresciuto del 337% in 10 anni.
Ma è davvero tutta colpa della Cina? Sembrerebbe di no, e non è necessario uscire dall’Europa per rendersene conto. Gli esempi di Irlanda, Olanda e Germania sono lì a dimostrare che innovazione, ricerca e un clima legislativo favorevole possono fare la differenza e consentire alle aziende europee di competere con il “mostro cinese”.
In attesa di rimettersi al passo con gli altri Paesi “avanzati”, sposando una filosofia incentrata su innovazione&qualità, l’Italia continuna la sua politica di accordi per l’avvicinamento tra le sue imprese e quelle dell’estremo oriente.