Il DAG, acronimo di Digital Advisory Group, rappresenta un gruppo composto da oltre 30 organizzazioni, aziende private e pubbliche e università, alleate nell’intento di contribuire allo sviluppo dell’economia digitale in Italia allo scopo di rilanciare la crescita e creare occupazione.
Ma quale è il potenziale dell’economia digitale in Italia? Il DAG, con il supporto di McKinsey & Company, ha realizzato la ricerca “Sviluppare l’economia digitale in Italia: un percorso per la crescita e l’occupazione” (pdf), analizzando l’impatto di Internet su quattro assi: il contributo alla sviluppo in termini di PIL, la creazione di occupazione, lo sviluppo delle PMI e del loro export e il surplus di valore per i consumatori.
Attualmente l’economia Web costituisce solo il 2% del PIL e negli ultimi 15 anni Internet ha creato in Italia 320.000 nuovi posti di lavoro correlati al settore digitale; ciò significa che per ogni posto eliminato, ne crea 1,8 nuovi.
Dalla ricerca emerge pertanto l’esistenza di una forte correlazione tra le aziende che utilizzano Internet attivamente e la loro capacità di evolvere ed esportare: le imprese italiane che utilizzano bene il web crescono infatti di più, con una crescita media del 10%. e grazie al commercio elettronico ottengono maggiori esportazioni (+5,3%).
Prendendo come termine di paragone queste quattro direttrici, il potenziale dell’economia digitale in Italia appare ancora piuttosto elevato rispetto agli altri Paesi, ma per la crescita del PIL e la creazione di nuovi posti di lavoro servono adeguati contributi.
Nascono così 12 “idee” che costituiscono l’azione potenziale di DAG e che si prefiggono di agire per migliorare l’accesso alle infrastrutture, regolamentare l’innovazione digitale, stimolare la domanda dei consumatori, ampliare l’offerta digitale, incrementare l’adozione dei servizi di e-government ed accrescere la professionalità e competenze digitali.
In particolare, la proposta numero 8 intende sostenere l’attività di e-commerce delle Pmi. «La scarsa attitudine dimostrata dalle Pmi italiane a offrire prodotti o servizi Web-based potrebbe essere stimolata da una maggiore diffusione di soluzioni strutturali a sostegno delle attività di e-commerce».
Le PMI italiane dovrebbero ricorrere a un approccio professionale e specializzato all’e-commerce, che ne riduca le complessità di avvio e di gestione. «Lo sforzo dei soli operatori privati dovrebbe essere affiancato da un sostegno pubblico. Lo Stato potrebbe attuare una politica fiscale favorevole nei confronti delle aziende che investono nell’e-commerce» e potrebbero essere alleggeriti alcuni aspetti normativi, che rappresentano degli oneri particolarmente gravosi per le aziende attive su Internet».