Ho presentato domanda per Opzione Donna perchè licenziata da un’azienda posta in liquidazione ma è stata rigettata perché l’impresa non aveva aperto un tavolo per la gestione della crisi. Ma il mio non è un caso peggiore?
Non sono ammesse all’Opzione Donna tutte le lavoratrici che hanno perso il lavoro. Il requisito sul tavolo di confronto per la gestione della crisi aziendale presso la struttura per la crisi d’impresa (previsto dal comma 1 bis dell’articolo 16 del decreto 4/2019) è stringente per le disoccupate.
L’unica alternativa è che la lavoratrice sia ancora dipendente e risulti in esubero, ma sempre se la sua azienda ha avviato il confronto. In questo caso, l’Opzione Donna diventa uno strumento attivabile per la ristrutturazione del personale.
Non è invece prevista la possibilità di andare in pensione dopo un “semplice” licenziamento.
La messa in liquidazione del datore di lavoro non è una fattispecie prevista dal legislatore, che evidentemente ha deciso di inserire un vincolo il più possibile stringente limitandosi ai casi dei grossi licenziamenti collettivi, tipici delle aziende con tavoli di crisi.
Ricordo le regole per l’Opzione Donna, che sarà prorogata anche per il 2025:
- 35 anni di contributi e 61 anni di età maturati entro fine anno;
- appartenenza ad una delle tre categorie di aventi diritto (licenziate o dipendenti di aziende con i tavoli ministeriali di crisi aperti, caregiver da almeno sei mesi, disabili almeno al 74%);
- ricalcolo interamente contributivo della pensione;
- finestra mobile di 12 mesi per le dipendenti e di 18 mesi per le autonome prima di percepire effettivamente la pensione.
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Chiedi all'espertoRisposta di Barbara Weisz