Per ragioni economiche, è stato chiuso (senza preavviso) il negozio dove ho lavorato per cinque anni, proponendomi uno spostamento in una diversa filiale a 200 Km. Io ho rifiutato il trasferimento per ragioni oggettive e vorrei sapere che possibilità ho di avere un licenziamento consensuale al fine di ottenere l’indennità di disoccupazione.
In questo caso, lei ha senz’altro diritto al trattamento di disoccupazione, indipendentemente dal fatto che firmi o meno una risoluzione consensuale.
Mi spiego meglio: se l’impresa, in ragione del suo rifiuto, procede con il licenziamento, lei ha diritto alla NASpI (prevista in tutti i casi di perdita involontaria del lavoro). Se invece, sempre in seguito al suo rifiuto di trasferirsi, arrivate a una risoluzione consensuale, lei mantiene comunque il diritto al sussidio.
Lo precisa la circolare INPS 142/2015, in base alla quale «la cessazione del rapporto di lavoro per risoluzione consensuale – in seguito al rifiuto da parte del lavoratore al proprio trasferimento ad altra sede della stessa azienda distante oltre 50 chilometri dalla residenza del lavoratore e/o mediamente raggiungibile in 80 minuti o oltre con i mezzi di trasporto pubblici – non è ostativa al riconoscimento della prestazione di disoccupazione». Non mi sembra ci siano altre possibilità.
Nel caso (che mi pare remoto), in cui l’azienda cerchi di obbligarla ad accettare il trasferimento, lei può senz’altro dimettersi per giusta causa (perché ha diritto a rifiutare per ragioni oggettivi un trasferimento in una sede che dista più di 50 km da casa o che necessita di oltre 80 minuti di tragitto con i mezzi pubblici).
Infine, c’è anche un altro documento di prassi, il messaggio INPS 369/2018, in base al quale c’è diritto alla NASpI anche nel caso in cui, in sede di conciliazione, venga pattuito un incentivo all’esodo.
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Chiedi all'espertoRisposta di Barbara Weisz