La penalizzazione ipotizzata per la quota 100, pari ad 1,5% per ogni anno di anticipo rispetto alla pensione di vecchiaia, comporta un taglio dell’assegno definitivo oppure al raggiungimento del requisito anagrafico per si matura un assegno pieno?
La domanda è molto interessante perché consente di chiarire un dubbio che probabilmente è condiviso da molti lavoratori.
Premesso che non si conosce ancora il testo della misura relativa alla quota 100 da inserire nella Legge di Bilancio 2019, e di conseguenza si possono fare solo ipotesi basate sul dibattito (denso di anticipazioni governative), direi che il taglio si applica alla pensione in via definitiva.
Mi sembra l’ipotesi più probabile, in considerazione delle modalità che in genere ispirano il legislatore in questi casi. Quando si prevede una penalizzazione economica dell’importo dell’assegno di pensione, legata a una scelta di flessibilità in uscita, in genere si intende applicarlo all’ammontare finale della pensione.
Si concede al lavoratore di uscire prima dal mondo del lavoro, in cambio di una riduzione permanente dell’assegno previdenziale.
E’ il caso, per esempio, dell’Opzione Donna: permette alle lavoratrici di ritirarsi prima dell’età pensionabile o del conseguimento del diritto alla pensione anticipata piena, rinunciando però a una parte dell’assegno.
Fra l’altro, tutte le anticipazioni parlano di una decurtazione della pensione in relazione agli anni di anticipo del pensionamento, mentre non mi sembra sia mai stata avanzata l’ipotesi di limitare questo taglio ad un periodo limitato di anni.
In definitiva, mi sembra che l’ipotesi più probabile sia che il taglio dell’1,5% che si ipotizza si applichi via vi permanente alla pensione, non solo per gli anni che mancano alla pensione di vecchiaia. Che servono solo per determinare l’entità della decurtazione.
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Chiedi all'espertoRisposta di Barbara Weisz