Oltre al TFR, in seguito a delle dimissioni volontarie da parte di un dipendente, ci sono altri oneri da sostenere come datore di lavoro?
In caso di dimissioni volontarie, ovvero di recesso unilaterale contratto di lavoro operato dal lavoratore, regolato dall’art. 1373 del Codice Civile, oltre al versamento del TFR maturato dal dipendente, in caso di ferie non godute il datore di lavoro è obbligato a compensare il lavoratore con una indennità pari ai giorni non fruiti.
=> Ferie non godute, dimissioni e indennità
C’è poi da gestire il periodo di preavviso, che è sempre obbligatorio: nel caso in cui lavoratore dia le proprie dimissioni in tronco o lasci il lavoro prima della scadenza del preavviso il datore di lavoro può richiedere un risarcimento al lavoratore, pari di solito alle giornate di mancato preavviso. Diversamente, nel caso in cui si tratti di dimissioni per giusta causa queste vengono date in tronco e al lavoratore spetta anche l’indennità di preavviso.
=> Indennità di mancato preavviso
In questo caso il lavoratore ha anche diritto all’indennità di disoccupazione, previa presentazione all’INPS di tutta la documentazione comprovante inadempimenti gravi del proprio datore di lavoro, da cui risulti almeno la sua volontà di “difendersi in giudizio” nei confronti del comportamento illecito del datore di lavoro (Circolare INPS n. 163/2003).
Il datore di lavoro al quale vengano presentate delle dimissioni volontarie dovrà poi adempiere ad alcuni passaggi burocratici.
Se il lavoratore dimissionario cambia azienda, il vecchio datore di lavoro dovrà fornire una dichiarazione che confermi la scelta effettuata dal dipendente in tema di TFR (previdenza complementare o in azienda), da allegare alla dichiarazione fornita dal lavoratore stesso.
Ricordiamo che per l’invio delle dimissioni e delle risoluzioni consensuali dei rapporti di lavoro, a partire dal 12 marzo 2016, è stato il Dlgs 151/2015, secondo il quale le dimissioni e la risoluzione consensuale del rapporto di lavoro devono essere effettuate, a pena di inefficacia, esclusivamente con modalità telematiche. La procedura va effettuata dal lavoratore, il datore di lavoro dovrà però collegare l’efficacia dell’atto di dimissioni reso dal dipendente al momento in cui riceve, a mezzo PEC, il modulo correttamente compilato e sottoscritto. Solo da questo momento il datore di lavoro potrà considerare valide le dimissioni presentate dal lavoratore e considerare risolto il contratto di lavoro.
=> Dimissioni online: regole e procedura
Nel caso in cui si tratti di un lavoratore/lavoratrice che si trovi in uno dei periodi di tutela – lavoratrice in stato di gravidanza o un genitore (sia madre che padre) di un figlio con meno di 3 anni o, in caso di adozione o affidamento di minore, entro i 3 anni dall’ingresso del minore nel nucleo familiare – il datore di lavoro che riceva la richiesta di dimissioni dovrà, nel tempo massimo di 30 giorni decorrenti dalla fine del rapporto di lavoro (circ. n.18273 Min. Lav. Del 12/10/2012), informare il/la dipendente che per rendere valide le dimissioni deve recarsi presso la Direzione territoriale del Lavoro a effettuare la convalida. L’eventuale inerzia del datore di lavoro conduce diversamente all’inefficacia delle dimissioni/risoluzione consensuale.
Si tratta di una norma volta a contrastare le cosiddette “dimissioni in bianco” per le quali è prevista una sanzione da 5.000 a 30.000 euro, a cui si applicano in quanto compatibili le disposizioni di cui alla L.689/81.
In caso di dimissioni durante il periodo di gravidanza o durante il primo anno del bambino, o di arrivo nel nucleo familiare del minore adottato o in affidamento, la lavoratrice ha diritto all’indennità di disoccupazione.
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Chiedi all'espertoRisposta di Noemi Ricci