Per quanto lo stress sia uno scomodo collega di lavoro, si deve imparare a gestirlo correttamente ma, se in passato lo stress management era quasi solo responsabilità dei lavoratori, oggi è anche un dovere per l’azienda, che deve valutare lo stress come rischio per la salute e la sicurezza nei luoghi di lavoro.
Normativa su stress da lavoro
Una recente circolare ministeriale ha specificato le modalità attuative per la valutazione del rischio di stress lavoro-correlato citato nel dl n.81/2008 (Testo Unico su Salute e sicurezza nei luoghi di lavoro.
La normativa – che impegna dal 31 dicembre 2010 tutti i datori di lavoro con nuovi adempimenti su questa materia – è chiara, tuttavia non sempre basta. Ne abbiamo parlato con Cristiana Rossi, Responsabile Risorse Umane di NorthgateArinso, società di software e servizi HR alle imprese.
Strategie anti-stress in azienda
Il Dstress o stress cattivo (quello buono e sano si chiama Eustress, n.d.r.) è la condizione alterata della persona in relazione a performance o situazioni eccezionali che conducono a uno stato di tensione fisica cronica, affaticamento e nervosismo riconducibile a una malattia.
Campanelli d’allarme rivelatori sono assenteismo e turnover ma, ovviamente, la valutazione sul rischio di stress che le aziende sono tenute a effettuare deve considerare variabili oggettive, diverse per ogni singola realtà aziendale.
Le Pmi, almeno qui in Italia, adempiono ai requisiti di legge ma in maniera di facciata: solo misure programmatiche pianificate sulla carta, ma senza un vero e proprio cambiamento culturale.
Come ci spiega Cristiana Rossi, nelle aziende non si dovrebbe mai dimenticare il valore reale del capitale umano: trascurare le risorse è un’arma a doppio taglio, che alla fine non paga mai veramente. L’obbligo di valutazione del rischio nelle imprese è dunque una buona occasione per adottare metodi di rilevamento, prevenzione e contrasto dello stress lavoro-correlato.
Avviare uno scambio di feedback con il personale, rendendolo consapevole dell’impegno preso del datore di lavoro. Evitare questo ritorno di informazioni è deleterio tanto quanto non fare nulla! Tuttavia, l’inadempienza non è certo ammessa, per cui è consigliabile seguire uno dei numerosi seminari in materia organizzati dai vari enti di certificazione per approfondire il Testo Unico (TUSL), comprendendo rischi e responsabilità.
Le Pmi che non hanno personale con conoscenza specifica della materia nè un Responsabile interno SSLL (Salute e Sicurezza dei Luoghi di Lavoro) possono rivolgersi a un consulente esterno, possibilmente con un background psicologico per elaborare focus group mirati a trattare lo stress e organizzare sessioni strutturate per “sfogarlo”.
Le soluzioni da adottare in azienda, comunque, devono essere specifiche rispetto alle cause scatenanti di stress per riuscire a ristabilire un adeguato clima lavorativo. Fondamentale è anche il continuo confronto con il responsabile sindacale dei lavoratori che, mediante questionari o riunioni, può recepire criticità e situazioni stressanti per il personale, ma anche ricevere ritorni sull’efficacia delle misure attuate a contrasto dello stress.
Una buona pratica è la comunicazione sistematica verso i dipendenti sui risultati ottenuti, attraverso newsletter, bacheche reali e virtuali, comunicati interni e questionari: quanto più le risorse sono coinvolte, tanto più si sentono partecipi del miglioramento delle condizioni lavorative. Ne è la prova il comportamento spontaneo e consapevole con cui affrontano gli audit di certificatori e ispettori del lavoro.
Ovviamente, tutte queste strategie possono essere attuate solo se Responsabile HR e management garantiscono un alto committment. In caso contrario, l’assenza di reali misure di contrasto dello stress da lavoro correlato e la persistenza di una situazione di disagio per i lavoratori darà certamente luogo a cali di produttività, assenteismo, malattie professionali e perfino a dimissioni.