A ottobre 2013 le retribuzioni contrattuali dei lavoratori dipendenti italiani hanno battuto l’inflazione (1,4% su base annua contro 0,8%, dati ISTAT): in pratica, gli stipendi hanno rosicchiato quattro decimali rispetto ai prezzi al consumo. Nei primi dieci mesi del 2013 le buste paga si sono apprezzate dell’1,5% ma, a causa della dinamica dei rinnovi dei contratti collettivi, non è trend destinato a durare: in assenza di nuovi accordi, l’indice delle retribuzioni scenderà allo 0,9%, il che significa che (con inflazione stabile) gli stipendi medi smetteranno di recuperare potere d’acquisto nel 2014.
Contratti
A fine ottobre i contratti collettivi in vigore per la parte economica (rinnovati e non giunti a scadenza) sono 25 e riguardano il 50,6% degli occupati dipendenti (6,5 milioni di lavoratori), ossia il 49,0% del monte retributivo osservato. Queste cifre incamerano due accordi recepiti (trasporto merci su strade e settore conciario) e un contratto scaduto (studi professionali). Nel settore privato la copertura è del 67,1%, con quote differenziate per attività economica (totale nel settore agricolo, al 71,2% nell’industria e al 61,8% nei servizi privati). I contratti in attesa di rinnovo sono 49 e riguardano 6,4 milioni di dipendenti (di cui 15 nella PA per 2,9 lavoratori). A restare in vigore da gennaio 2014 saranno soltanto il 32,1%, trend destinato a proseguire fino ad aprile. Restringendo il campo al settore privato la contrazione è del 44%. Naturalmente si tratta di dati che non incamerano eventuali rinnovi.
Rinnovi
Il trend sul fronte rinnovi è pieno di luci e ombre: in ottobre la quota di dipendenti in attesa di rinnovo è del 49,9% in diminuzione. Il tempo medio di attesa per i lavoratori con contratto scaduto è pari a 30 mesi. Nel privato il 34,6% dei dipendenti è in attesa di rinnovo, in aumento rispetto al 2012. Guardando i grafici ISTAT si può dire che nel 2013 la dinamica dei rinnovi ha subito un brusco rallentamento: fra il 2011 e il 2012 i dipendenti in attesa di rinnovo erano circa il 10%, mentre quest’anno sono ben sopra il 20%, con picchi del 30%.
Potere d’acquisto
Diversamente, il potere d’acquisto scenderà dall’attualle 1,4% allo 0,9% con il seguente andamento: 1,3% in novembre, 1,2 in dicembre, brusco rallentamento in gennaio allo 0,8%, stabilità fino ad aprile quando si scende allo 0,5%. I settori economici in cui il potere di acquisto è aumentato? Alimentari, bevande e tabacco (+4,4%), TLC (+4%), Agricoltura (+3,7%), Industria e Servizi privati (+1,8%). Attenzione: si tratta di dati statistici medi che non tengono conto di rinnovi contrattuali né quelli fermi perché non c’è il nuovo accordo. Significa che i lavoratori a cui è applicato un contratto nazionale che resterà in vigore anche nei prossimi mesi non perderanno potere d’acquisto, gli indici sono spinti al ribasso dai contratti che non vengono rinnovati.