La Riforma del Lavoro Fornero (legge 28 giugno 2012, n. 92) ha modificato la disciplina sui licenziamenti collettivi, introducendo alcune novità rispetto a quanto previsto dalla legge 223/1991, il cui impianto resta confermato, in tema di comunicazioni, vizi di forma e sanzioni (=> Vai allo Speciale Riforma del Lavoro). Proprio in questi giorni, tuttavia, l’Italia sta rischiando il deferimento alla Corte UE per violazione delle direttive europee sul trattamento dei dirigenti e manager in caso di licenziamenti collettivi: norme discriminatorie sui licenziamenti applicate in Italia. Ricordiamo che si parla di licenziamento collettivo quando in imprese con più di 15 addetti si licenziano almeno 5 dipendenti in ogni unità produttiva o in più unità dislocate nella medesima provincia, e comunque nel periodo di 120 giorni.
Comunicazione preventiva
Si avvia con una comunicazione scritta, con cui l’azienda segnala a sindacati, associazioni di categoria e Direzione Territoriale del Lavoro, la volontà di porre in atto il licenziamento collettivo indicando:
- motivi che determinano la situazione di eccedenza di lavoratori;
- ragioni tecniche, organizzative o produttive che rendono impossibili misure alternative;
- numero, collocazione aziendale e profili professionali del personale eccedente;
- tempistica con cui la mobilità verrà attuata;
- eventuali misure per ridurre le conseguenze sociali.
Se il datore di lavoro è imprenditore, è obbligato ad allegare copia della ricevuta di avvenuto versamento del contributo d’ingresso INPS, ovvero al trattamento massimo mensile di integrazione salariale moltiplicato per ciascun lavoratore eccedente. La novità: In base alla Riforma del Lavoro, ora i vizi che possono inficiare la comunicazione sono sanabili attraverso un accordo sindacale sottoscritto durante la procedura di mobilità, andando così a modificare il comma 4, art. 2, della L. 223/1991.
Tentativo di accordo
Entro 7 giorni dalla ricezione della comunicazione, e su richiesta dei sindacati, si effettua un esame congiunto in cui si cerca una soluzione alternativa. Questa fase non può superare i 45 giorni (23 per licenziamenti di meno di 10 lavoratori). A questo punto il datore di lavoro trasmettere l’esito dell’esame congiunto e le motivazioni alla DTL: questa potrà riconvocare le parti in cerca di un nuovo accordo da raggiungere entro 30 giorni (15 per licenziamenti di meno di 10 lavoratori). In mancanza di accordo, il datore di lavoro attua il licenziamento comunicando per iscritto a ogni lavoratore interessato il provvedimento. Come la Riforma del Lavoro ha cambiato le norme sui licenziamenti
Il licenziamento
L’elenco dei lavoratori interessati (nominativi, residenza, qualifica, inquadramento, età, carico di famiglia, modalità di applicazione dei criteri di scelta), va inviato agli Uffici Territoriali del lavoro competenti e alle associazioni di categoria. Nell’indicazione dei lavoratori da licenziare, il datore di lavoro deve tenere presenti criteri ed esigenze tecnico-produttive e organizzative dell’azienda e quelli indicati da sindacati e associazioni di categoria (art. 5 legge 223/91). In mancanza di queste indicazioni è necessario rifarsi a carichi di famiglia, anzianità e esigenze tecnico-produttive e organizzative. I lavoratori da licenziare con contratto a tempo determinato (vai alla Riforma del contratto a termine) vengono messi in mobilità e hanno diritto alla indennità se dispongono dei requisiti di anzianità (vedi i requisiti per gli ammortizzatori sociali). Le novità: i commi 44 e 45 dell’art. 1 della riforma del lavoro prevedono che la comunicazione dell’elenco lavoratori debba avvenire entro 7 giorni dalla comunicazione dei recessi a ciascuno di essi, e non più contestualmente.
Illegittimità
Il licenziamento può essere impugnato entro 60 giorni dalla comunicazione con qualsiasi atto scritto, mentre entro i 180 giorni successivi è necessario depositare presso la cancelleria il ricorso al giudice del lavoro o inviare la richiesta di conciliazione alla controparte. Le novità: ecco le nuove sanzioni per i licenziamenti illegittimi e inefficaci (comma 46 art. 1) in caso di recesso intimato:
- senza forma scritta – reintegro nel posto di lavoro e indennità commisurata all’ultima retribuzione globale maturata, non inferiore a 5 mensilità;
- in violazione dei criteri di scelta del lavoratore da collocare in mobilità indicati dall’art. 5, L. 223/1991 – reintegro nel posto di lavoro e indennità commisurata all’ultima retribuzione globale maturata, non superiore le 12 mensilità;
- senza procedura sindacale prevista dall’art.4, co. 12 della L. 233/1991 – prevista indennità risarcitoria tra 12 e 24 mensilità tenendo conto dell’ultima retribuzione globale.