Un allargamento della platea degli esodati e una modifica alla riforma delle pensioni che ripristini la possibilità, pur con un assegno più basso, di andare in pensione a 57-59 anni entro il 2017 (con 35 anni di contributi): sono due novità emerse dai lavori parlamentari estivi.
Una proposta di legge, approvata a inizio agosto dalla commissione Lavoro della Camera (e ora in esame alle altre commissioni), che unifica tre precedenti testi (Damiano, Dozzo e Paladini) contiene infatti una serie di modifiche alla Riforma Fornero e al Milleproroghe.
Esodati: proposta di legge su allargamento platea
La proposta di legge approvata dalla commissione Lavoro della Camera, votata da tutti i gruppi, prevede di allargare la platea dei salvaguardati rispetto ai 120mila previsti dai due provvedimenti dei mesi scorsi (il decreto del ministero del Lavoro per i primi 65mila esodati e il provvedimento inserito nella spending review per altri 55mila).
In particolare, il testo prevede che possano andare in pensione con le vecchie regole (pre-riforma Fornero):
- i lavoratori interessati da accordi di mobilità stipulati entro il 31 dicembre 2011(e non più al 4 dicembre);
- i lavoratori autorizzati alla prosecuzione volontaria dei contributi, senza più l’applicazione dei vincoli attuali (almeno un contributo prima del 4 dicembre 2011 e non aver lavorato dopo l’autorizzazione).
Pensioni, proposta sui 57-59 anni
Proposta anche una modifica alla riforma delle pensioni per cui sarebbe possibile, in via sperimentale e fino al 2017, sia per gli uomini sia per le donne, andare in pensione fra i 57 e i 59 anni.
Nel dettaglio, i lavoratori dipendenti uomini potrebbero andare in pensione a 58 anni fino al 2015 e a 59 anni fino alla fine del 2017, mentre le donne a 57 anni fino a tutto il 2015 e a 58 anni fino alla fine del 2017.
Questo varrebbe solo per chi ha maturato 35 anni di contributi.
La pensione sarebbe però più bassa, rispetto a quella di coloro che aspettano i nuovi limiti della riforma Fornero (62 anni, più 42 anni e un mese di contributi per gli uomini e 41 anni e un mese per le donne), perché interamente calcolata con il metodo contributivo.
L’aspettativa di vita per i primi 65mila salvaguardati
Un’incertezza interpretativa su come applicare le norme sull’aspettativa di vita – per calcolare quando scatta il raggiungimento del diritto alla pensione per i lavoratori in mobilità – nel mese di agosto aveva creato non poco scompiglio. Nel dettaglio, la questione riguarda i lavoratori in mobilità che, secondo il decreto, sono salvaguardati se hanno siglato accordi sindacali entro il 4 dicembre 2011 , hanno terminato l’attività sempre entro il 4 dicembre e perfezionano i requisiti di pensionamento entro il periodo di fruizione dell’indennità di mobilità.
Il problema era che, applicando l’aspettativa di vita (per il raggiungimento dell’età pensionabile) in base alla riforma Fornero, dal 2013 ci sarebbero voluti 40 anni e tre mesi. Una circolare dell’Inps, però, ha fornito rassicurazioni in merito: i lavoratori in mobilità ordinaria cessati entro il 31 dicembre 2011 rientreranno tra i destinatari della salvaguardia perchè il requisito contributivo unico (40 anni di lavoro) non è soggetto alla speranza di vita.
Il messaggio Inps dello scorso 9 agosto, il n. 13343, conferma dunque che per l’applicazione del primo decreto esodati (la salvaguardia per 65mila persone rimaste senza lavoro e senza pensione dopo la riforma delle pensioni) varranno le vecchie regole, e dunque basteranno 40 anni di contributi.