Con l’entrata in vigore della Riforma del Lavoro, diventano operative le nuove regole per quanto riguarda le dimissioni volontarie ed il licenziamento del lavoratore.
Dimissioni
La riforma del lavoro prevede nuove norme pensate per scoraggiare la pratica delle dimissioni in bianco. Pertanto, a partire dal 18 luglio 2012 – affinché le dimissioni siano valide – è necessario seguire le procedure, previste dal comma 16 dell’articolo 4 della legge n. 92/2012 di riforma (che sostituisce il comma 4 dell’articolo 55, del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151): da ora in poi è necessaria la convalida presso la Direzione territoriale del lavoro (Dtl) competente per territorio nel caso di:
- dimissioni della lavoratrice in gravidanza,
- dimissioni della lavoratrice e lavoratore nei primi 3 anni di vita del bambino,
- dimissioni della lavoratrice e lavoratore nei primi 3 anni di accoglienza del minore adottato o in affidamento.
In tutti gli altri casi di dimissioni, come prevedono i commi 17 e 18 dell’articolo 4 della riforma, ci sono due possibilità:
- convalida presso la Dtl o Centro per l’Impiego competente
- dichiarazione firmata dalla lavoratrice o lavoratore, in calce alla ricevuta di trasmissione della comunicazione di cessazione del rapporto di lavoro, inviata tramite l’UniLav al Centro per l’Impiego.
Licenziamenti
In caso del licenziamento per giustificato motivo oggettivo (motivi economici) dal 18 luglio 2012 scatta l’obbligo di conciliazione davanti alla Dtl, come previsto dall’articolo 1, comma 40, della legge di riforma (che va a sostituire l’articolo 7 della legge 15 luglio 1966, n. 604).
Per cercare un accordo fra le parti che eviti il contenzioso per illegittimità del licenziamento e riguarda le aziende con oltre 15 dipendenti, in caso di licenziamento per «ragioni inerenti ‘attività produttiva, organizzazione del lavoro e regolare funzionamento di essa» l’azienda deve dare comunicazione alla Dtl (per conoscenza al lavoratore) del luogo in cui il lavoratore presta la sua opera e della volontà di procedere al licenziamento per motivo oggettivo, indicando i motivi e le eventuali misure di assistenza alla ricollocazione del lavoratore sul mercato del lavoro.
Entro 7 giorni dalla ricezione della comunicazione, la Dtl convoca datore di lavoro e lavoratore, che ne ne sottoscrive copia per ricevuta.
La conciliazione
L’incontro fra le parti si svolge davanti alla commissione provinciale di conciliazione di cui all’articolo 410 del codice di procedura civile:
- le parti possono essere assistite dalle organizzazioni di rappresentanza cui sono iscritte o conferiscono mandato, oppure da un componente della rappresentanza sindacale dei lavoratori, da un avvocato o un consulente del lavoro;
- il tentativo di conciliazione dura massimo 20 giorni dall’invio della convocazione, fatta salva l’ipotesi in cui le parti non ritengano entrambi di voler proseguire la discussione e raggiungere un accordo;
- durante la procedura le parti, con la partecipazione attiva della commissione, procedono ad esaminare anche soluzioni alternative al recesso.
Se la conciliazione ha esito negativo, e comunque entro il termine di 20 giorni stabilito dalla norma, l’azienda può comunicare il licenziamento al lavoratore. A questo punto, il lavoratore può eventualmente fare ricorso impugnando il licenziamento. Il giudice, nel determinare eventualmente l’indennità risarcitoria prevista in caso del licenziamento illegittimo (da 12 a 24 mensilità) tiene conto del comportamento delle parti.
Se la conciliazione ha esito positivo il lavoratore ha diritto all’Aspi Assicurazione generale per l’impiego) e può essere anche previsto, al fine di facilitarne il ricollocamento professionale, l’affidamento del lavoratore ad un’agenzia di somministrazione, di intermediazione o di supporto alla ricollocazione sul mercato.