Ddl Riforma Lavoro: fine lavori in Commissione al Senato

di Barbara Weisz

22 Maggio 2012 16:40

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Ultimo passaggio del Ddl di riforma del lavoro in Commissione prima dell'approdo in Senato: tutte le novità e il compromesso sul nodo dei voucher in agricoltura.

Volata finale in Commissione al Senato per il Ddl di riforma del lavoro, che il 23 maggio arriva in Aula a Palazzo Madama, completo delle modifiche introdotte dagli emendamenti approvati su tutela dell’occupazione femminile, flessibilità in entrata (contratti a termine, apprendistato, partite IVA e Co.co pro) ed uscita (con leggere modifiche al nuovo articolo 18) e ammortizzatori sociali (Aspi).

Nell’ultima giornata di lavori si sono concentrati i nodi irrisolti, in primis i voucher in agricoltura.

Vediamo dunque come cambia la riforma del lavoro, partendo proprio dalle ultime questioni da risolvere.

Voucher in agricoltura

Le organizzazioni degli imprenditori agricoli sono contrari all’emendamento che limita l’uso dei voucher in agricoltura. Nel mirino, l’emendamento di relatori Castro e Treu all’articolo 11 del ddl (lavoro occasionale), che introduce paletti all’uso dei voucher limitandoli alle aziende fino a 7mila euro di fatturato.

Sul tavolo, il compromesso che alza il tetto di fatturato e che comunque reintroduce la possibilità di utilizzare i voucher per studenti e pensionati (cosa attualmente possibile in base alle norme in vigore dal 2008, ma che la formulazione degli emendamenti invece esclude). Resterebbero fuori le casalinghe, nell’ottica di evitare abusi.

Novità sul mercato del lavoro

La Commissione ha approvato un emendamento relativo alle finalità della riforma che ora includono anche quella di promuovere «modalità partecipative di relazioni industriali in conformità agli indirizzi assunti in sede europea, al fine di migliorare il processo competitivo delle imprese». Attenzione: non è l’emendamento che riguarda la possibilità di partecipazione agli utili dei lavoratori, che invece alla fine è stato respinto.

In generale, comunque, c’è un’apertura verso nuovi modelli di relazioni industriali, in cui molti vedono la volontà di avvicinarsi al modello tedesco (che ad esempio prevede la rappresentanza dei lavoratori in cda).

Infine, è possibile qualche aggiustamento in materia di dimissioni in bianco (c’è una stretta nel ddl per prevenire l’utilizzo di questa pratica) e sulla durata del permesso di soggiorno per gli immigrati che restano senza lavoro.

Flessibilità in entrata

Per il resto il ddl arriva in Senato con le modifiche ormai approvate e che riguardano la flessibilità in entrata per consulenti a partita IVA, collaboratori a progetto, dipendenti a tempo determinato e lavoratori con contratto di apprendistato.

  • Partite IVA: diventano meno restrittivi i criteri per la trasformazione in collaborazioni coordinate e continuative o in contratti a tempo indeterminato di quelle che la riforma identifica come false partite Iva.
    Devono essere soddisfatte almeno due di queste condizioni: la collaborazione deve durare da almeno 8mesi (non più 6), il corrispettivo deve essere almeno l’80% delle entrate complessive del collaboratore (non più il 75%) e quest’ultimo deve avere una postazione di lavoro fissa presso il committente.
    Inoltre, la partita IVA è reale (quindi non scatta la trasformazione del contratto) quando il reddito annuo del collaboratore autonomo è di almeno 18mila euro.
  • Co.co pro: per i contratti a progetto viene introdotto un salario minimo garantito, il cui importo deve essere commisurato alle retribuzione media dei contratti collettivi di riferimento.
    Non è chiaro cosa succede della mini Aspi (l’assicurazione sociale per l’impiego per i collaboratori con almeno 52 settimane di contributi): due emendamenti che prevedono di lasciarla, riducendola però al 45% della retribuzione mensile (non più al 75%, come quella dei lavoratori dipendenti). Al momento, sono stati accantonati.
  • Contratti a termine: l’obbligo di indicare il causalone del contratto a termine si allunga a 12 mesi (non più a sei mesi). Viene ridotto a 20 giorni (da 30), l’intervallo consentito fra contratti a termine, ma solo in una serie delimitata di casi, coem l’avvio di una nuova attività.
  • Apprendistato: si possono assumere nuovi apprendisti senza più il vincolo della trasformazione a tempo indeterminato del 50% di apprendisti nell’ultimo triennio.

Ammortizzatori sociali

Novità per l’Aspi: parte una sperimentazione triennale, dal 2013 al 2015, durante la quale il lavoratore licenziato che vuole aprire un’attività può chiedere l’indennità una tantum in un’unica soluzione.

Flessibilità in uscita

Novità sulle procedure di conciliazione obbligatoria (che la riforma introduce nel caso dei licenziamenti per motivi economici),: può esser sospesa per massimo 15 giorni in caso di impossibilità a essere presente del lavoratore. Ma se poi però alla fine viene confermato, il licenziamento scatta dalla comunicazione al lavoratore (si evitano così prolungamenti, ad esempio per malattia).

L’iter della Riforma

Dopo l’ok definitivo della Commissione, il ddl sbarca nell’aula del Senato: la prima sessione è in agenda per il 23 maggio e si prevede di completare la discussione entro 15 giorni. Secondo indiscrezioni il Governo potrebbe mettere la fiducia, ma dipenderà da come si svilupperà la discussione in Aula.