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Riforma del lavoro nel pubblico impiego

di Francesca Vinciarelli

Pubblicato 9 Maggio 2012
Aggiornato 10 Maggio 2012 12:37

In via di definizione la riforma del lavoro nel pubblico impiego, con il rischio di creare una spaccatura insanabile con il privato soprattutto sulla disciplina dei licenziamenti, allo studio deroghe all'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori revisionato dal ministro Fornero.

Dopo la riforma del lavoro arriva anche la controriforma sul fronte del pubblico impiego che vede l’intesa tra Ministro della Funzione pubblica Filippo Patroni Griffi e organizzazioni sindacali. Prevista anche una deroga alle modifiche che del ministro del Welfare Elsa Fornero all’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori.

Disciplina dei licenziamenti

La riforma del lavoro pubblico, fondamentalmente, si pone l’obiettivo di revisionare la precedente riforma Brunetta, soprattutto sul fronte delle garanzie da licenziamento sia per ragioni economiche che per motivi disciplinari.

L’intesa tra Funzione Pubblica e sindacati si prevede di «riordinare la disciplina dei licenziamenti per motivi disciplinari fermo restando le competenze attribuite alla contrattazione collettiva nazionale» e di «rafforzare i doveri disciplinari dei dipendenti prevedendo al contempo garanzie di stabilità in caso di licenziamento illegittimo».

Verranno quindi riscritte le norme del decreto legislativo 165/2001, il Testo unico sul lavoro pubblico.  In assenza di tali modifiche, infatti, le modifiche all’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori previste dal disegno di legge Fornero troverebbero automatica applicazione anche al settore pubblico.

Novità che però piacciono poco al mondo delle imprese, perché se la modifica dell’articolo 18 si pone l’obiettivo di rendere più flessibile il mercato del lavoro, non si può agire in maniera totalmente contraria sul fronte del lavoro pubblico, offrendo a questo maggiori tutele e andando a creare un divario insanabile con il privato.

Un mondo quello dell’imprenditoria sempre più penalizzato dalla crisi economica e dalle riforme (fiscale, delle pensioni e del lavoro) che questo Governo sta deliberando, chiedendo a imprenditori e lavoratori di sacrificarsi in nome del risanamento e della sopravvivenza del Paese.

Un mondo al quale viene chiesta estrema flessibilità e che verrebbe così messo di fronte al paradosso di una parallela inamovibilità dei dipendenti pubblici, alimentando quel disagio sociale che rende difficile il rapporto con le Istituzioni.  E il dubbio è se tale deroga, che presumibilmente verrà inserita nell’articolato di legge, possa considerarsi costituzionalmente legittima, oppure costituisca una violazione al principio di eguaglianza.

Valutazione per fasce e co-gestione sindacale

La proposta di Patroni Griffi  e sindacati prevederebbe inoltre la cancellazione definitiva del sistema di valutazione per fasce e attribuirebbe, come avveniva negli anni ‘80, poteri di co-gestione alle organizzazioni sindacali. Tutto il contrario di quello che aveva fatto l’ex ministro Brunetta, proprio per evitare ostruzionismi sindacali, andando a rafforzare ruolo e responsabilità dei dirigenti pubblici e allineandolo con quello dei datori di lavoro nel privato.

L’obiettivo sembra essere quello di raggiungere un certo “quieto vivere”, riproponendo una nuova sinergia tra politica e organizzazioni sindacali.

Per quanto riguarda il sistema di valutazione dei risultati conseguiti dalle strutture organizzative e dalla dirigenza si vorrebbe arrivare alla definizione di tre fasce ridimensionando le valutazioni individuali e semplificando i sistemi premianti. Punti sui quali aveva puntato tutto la riforma Brunetta ma che hanno causato una competizione poco virtuosa all’interno dell’organizzazione.