Il lavoro spesso non c’è, si intaccano i risparmi, spesso ci si indebita, crescono insoddisfazione e peso della crisi: a risentirne è anche la volontà di fare impresa o di mettersi in proprio per svolgere una libera professione.
E’ quanto emerso dall’Osservatorio Capitale Sociale di Demos-Coop che mette in luce un aspetto della crisi meno noto, ma che tocca da vicino le imprese e soprattutto le PMI, importante impalcatura del sistema produttivo italiano.
Nel 2004 gli italiani che coltivavano il sogno di un lavoro in proprio erano decisamente più numerosi di coloro che aspiravano al classico posto fisso, magari nel pubblico. Ma a partire dal 2009 il trend si è invertito e oggi c’è una forbice, fra le due opzioni, di oltre dieci punti a vantaggio del lavoro alle dipendenze di un Ente pubblico.
Posto fisso vs. imprenditoria
Iil 34,1% degli Italiani, se potesse scegliere un lavoro per sé o per i propri figli, vorrebbe un impiego pubblico, mentre il lavoro in proprio resta l’ambizione del 20,3%. Una bella differenza rispetto al 2004, quando il posto fisso nel pubblico era ambito dal 25,8%, ben sotto il 31% che invece desiderava mettersi in proprio.
La crisi del lavoro si configura sempre più anche come crisi dell’imprenditorialità, non solo per le difficoltà delle imprese esistenti, magari anche con una lunga storia alle spalle, a partire dalle PMI che faticano a finanziarsi e a restare sul mercato, ma anche nella fiducia delle persone, dei professionisti e dei lavoratori, che evidentemente attribuiscono una sempre maggior percentuale di rischio alle attività di impresa.
La situazione economica
Il 62,3% degli Italiani ritiene la propria condizione economica peggiorata.
Impiegati, dirigenti, e liberi professionisti sono le categorie che risentono un po’ meno, anche se la situazione è in declino per oltre il 50% dei rispondenti in tutte le categorie. I dati più drammatici riguardano disoccupati e casalinghe, seguiti dai pensionati e dai lavoratori autonomi, la cui condizione è peggiorata nel 65,6% dei casi, più rispetto a quella degli operai, 64,8%.
In rapporto alle classi sociali, le difficoltà economiche pesano soprattutto su quelle basse e medio basso.
Nell’ultimo anno, anzi addirittura in questi ultimi mesi, è cresciuto molto il numero delle persone che hanno fatto ricorso a debiti. Dal gennaio del 2012, è salito il numero di chi ha utilizzato i risparmi, 31,7% (dieci punti in più di gennaio), chiesto prestiti, 6,5% (da 4,8%), speso sia i risparmi che i prestiti, 3,9% (da 2,7%).
Facendo la somma, significa che oltre il 42% dei rispondenti per tirare avanti non ha potuto contare sui soldi guadagnati.
Il lavoro
Inutile dire che gli indicatori relativi alla situazione lavorativa nell’ultimo anno sono costantemente peggiorati: rispetto al maggio del 2011, è nettamente più alto il numero di coloro che non hanno mai lavorato negli ultimi 12 mesi (la percentuale è al 53%, contro il 43,2% dell’anno prima), mentre sono meno numerosi coloro che, indipendentemente dal tipo di contratto hanno lavorato tutti i mesi (al 30,2% quest’anno, contro il 39,8% del 2011).
E se il lavoro in proprio è stato superato, in questo mondo del lavoro ai tempi della crisi, dal famoso posto fisso nel settore pubblico, è molto larga anche la forbice fra chi preferirebbe essere alle dipendenze di una grande impresa (17,6%), piuttosto che di una piccola impresa o di un artigiano, 7,2%. Il lavoro da libero professionista indicato dal 16,1%.
La crisi compromette sogni e ambizioni privilegiando la sicurezza, a prescindere da inclinazioni e interessi personali, secondo un trend che si è dispiegato nel corso di questo ultimo anno: oggi il 55% dei rispondenti preferisce un lavoro che non piace ma che dà garanzie per il futuro, contro il 48% dell’anno scorso, mentre solo il 41% punterebbe su una professione piacevole anche se non garantita, contro il 50,6% del 2011. Nel giro di un anno, come si vede, il trend si è invertito.
Infine, in questo contesto il 58% degli italiani ritiene che l’evasione fiscale sia sempre da condannare, il 26% non la considera giusta ma giustifica chi evade perché ha problemi, e c’è anche un 14,1% che invece ritiene giusto non pagare le tasse perché sono troppo alte.
Le classi sociali
L’indagine di Demos-Coop indaga su lavoro e situazione economica. Cresce il numero di persone che negli ultimi anni percepisce un abbassamento della classe sociale. Più della metà degli italiani, ovvero il 53,1%, ritiene che la propria famiglia appartenga a una classe sociale bassa o medio-basso, mentre questa percentuale nel 2006, quindi prima della crisi, era pari al 28,2%.
C’era invece un buon 59% che si identificava in una classe media, percentuale che nel 2012 è scesa al 40,3%. Anche le classi medio alte non sono passate immuni attraverso la crisi: nel 2006 dichiaravano l’appartenenza a questo segmento sociale l’11,7% dei rispondenti, oggi il 6,3%.
L’evoluzione di questi ultimi anni mostra come un netto peggioramento si sia in realtà verificato fra il 2006 e il 2008, ma il superamento della classe bassa rispetto a quella media, oggi divise da una forbice di oltre 13 punti, è avvenuto fra il 2011 e il 2012.