In questi giorni il maltempo sta impedendo in molti casi di raggiungere i luoghi di lavoro (a causa di blocchi stradali, cancellazione treni, ritardi dei mezzi pubblici, ecc. ) provocando non pochi disagi negli uffici a dipendenti e datori di lavoro: cosa prevede la legge quando cause di forza maggiore (come il maltempo o uno sciopero) impediscono il regolare svolgimento delle prestazioni?
La Fondazione Studi dei Consulenti del Lavoro ha dunque fatto il punto della situazione, spiegando cosa prevede il codice civile e contratti di lavoro in questi casi.
Prestazione mancata per cause di forza maggiore occorse al lavoratore
In linea di principio, se il lavoratore non riesce ad arrivare in ufficio, l’impossibilità sopravvenuta libera il dipendente dall’obbligo della prestazione lavorativa, anche se in linea teorica potrebbe anche esonerare il datore di lavoro dall’obbligo di pagare la retribuzione.
Ad impedire che questo avvenga (ovvero che le ore non lavorate vengano tolte dalla busta paga), intervengono i contratti di lavoro, i quali prevedono sempre un monte ore di permessi legati proprio al verificarsi di eventi eccezionali.
Dunque è questo lo strumento che bisogna usare per regolarsi sul pagamento delle ore di lavoro perse, ad esempio per il maltempo, e sul monte ore di permessi da far scalare.
Tutto questo a condizione che il lavoratore comunichi l’assenza con tempestività e fornisca le relative motivazioni, in base agli articoli 1218 e 2104 del codice civile: il primo si riferisce all’onere della prova, il secondo alla necessità che l’impedimento sia effettivo (diligenza del prestatore di lavoro).
Quindi, la regola numero uno è che, se il lavoratore non riesce a raggiungere il posto di lavoro, deve avvertire il datore di lavoro dell’assenza e spiegare nel dettaglio quali sono stati gli impedimenti che lo hanno bloccato: le ore di lavoro perse, possono essere detratte dai permessi.
Trattandosi di norme previste dal codice civile, sono da prendersi come riferimento sempre, ovvero anche nel caso in cui il contratto di lavoro che viene applicato non preveda nulla di specifico per questi casi.
Se questi obblighi non vengono rispettati, può scattare l’addebito disciplinare per l’assente «che non abbia provato la concreta impossibilità di adempiere all’obbligazione fondamentale posta in capo al lavoratore», come previsto dall’articolo 2106 del codice civile.
Prestazione mancata per cause di forza maggiore occorse al datore di lavoro
Ma c’è anche il caso in cui la prestazione lavorativa non si possa svolgere non per indisponibilità del lavoratore ma viceversa per impossibilità del datore di lavoro dovuta alle cosiddette cause di forza maggiore.
Si parla quindi di casi, come appunto il maltempo, che non solo non dipendono dalla volontà del datore di lavoro, ma sono anche estranee a ragioni produttive e all’organizzazione del lavoro.
Tecnicamente, spiegano i consulenti, si dice che non c’è “mora credendi” quando «la prestazione è impossibile per un evento eccezionale, esterno, imprevedibile e indipendente dalla volontà del datore, anche se il lavoratore ha messo a disposizione la propria prestazione».
Anche in questo caso, si applicano gli stessi strumenti precedenti, quindi si possono ad esempio utilizzare i permessi.
Ma attenzione: questo non vale se invece siamo in presenza di una qualunque vicenda che «possa essere riferita al datore di lavoro, ad esempio colpa, imperizia o problematiche legate a inefficienze produttivo-organizzative». In questi casi, il datore di lavoro non è liberato dall’obbligo retributivo, perchè si tratta di situazione che rientrano nel più ampio “rischio di impresa” che riguarda esclusivamente il datore di lavoro.