L’occupazione giovanile e gli ammortizzatori sociali, non a caso, sono due punti fondamentali su cui si concentra il dibattito sulla riforma del lavoro: la crisi ha coinvolto numerosi gangli vitali del sistema economico mondiale e certo fra le emergenze prioritarie c’è quella relativa al mercato del lavoro e all’occupazione.
Il governo Monti si è posto ben presto l’obiettivo di rivedere il mercato del lavoro, attraverso razionalizzazioni che possano tagliare gli sprechi senza pregiudicare i diritti che in periodi come questo diventano sempre più necessari.
Il mercato giovanile
Esiste in Italia una sorta di frattura generazionale tra giovani e adulti: se tra questi i disoccupati sono l’8%, nei giovani la percentuale sale al 30%. La stessa UE richiede da tempo un piano di riforme in grado di rendere fluido il mercato del lavoro e ridurre la disoccupazione riportandola nella media europea.
Secondo una ricerca commissionata dal Sole24Ore al centro studi Datagiovani, nel periodo 2007-2011 l’indice di occupati al di sotto dei 25 anni è sceso del 24%, mentre quello di disoccupati è salito del 36%, con un +23,5% per le donne.
Anche la disoccupazione di lunga durata, che riguarda più della metà di chi cerca di lavoro, ha subito un aumento nel medesimo periodo, pari al 54%, con un aumento di persone che non cercano più lavoro del 23,6%. Le prospettive, a sentire il Centro Studi di Confindustria, non sembrano essere migliori: nel 2012 è previsto un calo dell’occupazione del -0,6% e così anche nel 2013, facendo saltare circa 219 mila posti di lavoro nel biennio.
È facile, leggendo i dati, comprendere quanto la situazione sia delicata, lo stesso premier Mario Monti ha dichiarato che «gli ammortizzatori vanno ammodernati perché le tutele siano rafforzate in prospettiva di una maggiore flessibilità economica».
Ammortizzatori sociali
Così il Governo sembra intenzionato a rivedere gli ammortizzatori sociali per realizzare un sistema coordinato di regole che riguardino sia la cassa integrazione che le indennità di mobilità e disoccupazione.
Questa necessità nasce dall’esigenza di tutelare i soggetti a rischio che la precedente normativa non tutelava, ma anche di mettere ordine tra le misure messe in piedi in maniera non sistematica nell’attesa di uscire dalla crisi, molto spesso frammentate e differenti a seconda della Regione.
Volendo distinguere si può partire dalla differenza tra ammortizzatori tradizionali e quelli più recenti e, all’interno di questi ultimi, tra quelli utilizzabili in costanza di rapporto di lavoro e quelli che entrano in funzione quando il rapporto di lavoro viene cessato. La crisi ha provocato la moltiplicazione delle misure di sostegno che si sono affiancate all’indennità di disoccupazione tradizionale.
In quest’ambito il legislatore ha inteso da un lato ampliare la platea dei lavoratori aventi diritto ai sostegni economici, dall’altro allargare il numero dei datori di lavoro a cui era riservata la possibilità di ricorrere agli ammortizzatori sociali.
Nei fatti, con strumenti come la cassa integrazione in deroga, si è inteso procedere attraverso l’estensione degli ammortizzatori sociali a quasi tutte le tipologie di lavoro dipendente, compreso apprendistato, lavoro a termine e lavoro somministrato e anche a tipologie d’impresa che prima erano escluse da Cigo (cassa integrazione guadagni ordinaria) o Cigs (cassa integrazione guadagni straordinaria) quali aziende artigiane e studi professionali.
I sussidi economici e l’aumento dell’indennità nel caso di ricorso a contratti di solidarietà e alla possibilità di iscrizione nelle liste di mobilità da parte dei lavoratori destinati al licenziamento per giustificato motivo oggettivo in realtà imprenditoriali con meno di 15 dipendenti sono inoltre stati prorogati a tutto il 2012 dalla legge di stabilità.
Sono stati previsti degli aiuti anche per la mobilità, dopo la deroga per i lavoratori prima esclusi dall’indennità concessa dal Dl 185 del 2008 con la legge 111 del 2011; inoltre attraverso il decreto Milleproroghe (Dl 216 del 2011) è stata prevista l’erogazione una-tantum, fino al 31 dicembre 2012, dell’indennità anche per i collaboratori coordinati e continuativi.
Politiche attive per il lavoro
Oltre ai sussidi, che afferiscono alle politiche passive del lavoro, il Governo sta lavorando per le politiche attive, attraverso benefici che producano effetti a lungo termine. Per accedere a questi benefici il lavoratore deve dichiarare immediata disponibilità a rientrare nel mondo del lavoro o a compiere un percorso di reinserimento attraverso la riqualificazione professionale.
Il lavoratore privo di impiego deve recarsi presso un Centro per l’impiego a firmare la Did (dichiarazione di immediata disponibilità), un atto di impegno che gli consente di accedere alle misure previste per lo stato di disoccupazione e di ottenere ogni tipo di sostegno al reddito.
I benefici corrispondono a degli obblighi, cioè il lavoratore non può non sottoscrivere o rifiutare un percorso di riqualificazione, pena il decadimento dei benefici concessi. Ciò avviene anche in caso di partecipazione parziale al percorso o di rifiuto di un lavoro congruo: inquadramento a un livello retributivo non inferiore al 20% rispetto a quello previsto nel lavoro precedente, distanza tra il posto di lavoro e la propria residenza inferiore a 50 chilometri, o raggiungibile in 80 minuti utilizzando un mezzo di trasporto pubblico.