No all’abolizione delle tariffe professionali, modifiche sulle società fra professionisti, procedure semplificate per gli appalti pubblici non solo per le imprese ma anche per i professionisti.
Sono questi i punti degli ultimi provvedimenti del governo su cui gli ordini professionali chiedono cambiamenti, da attuare nel corso della conversione in legge del decreto liberalizzazioni.
E se nelle settimane di gennaio sono stati i farmacisti e i tassisti (questi ultimi non hanno un ordine professionale) a tenere banco con le loro proteste, in realtà anche tutte le altre categorie avanzano precise richieste all’esecutivo in materia di liberalizzazioni.
I più agguerriti sono probabilmente gli avvocati: hanno protestato disertando l’inaugurazione dell’anno giudiziario, e hanno indetto uno sciopero per il 23 e 24 febbraio prossimi.
Gli avvocati protestano sia per una serie di provvedimenti presi nel 2011, come l’accorpamento dei giudici di pace, sia per due delle misure previste dal decreto liberalizzazioni: l’abolizione delle tariffe, con l’obbligo di presentare un preventivo dettagliato al cliente, e il tirocinio nell’ultimo anno di università.
Abolizione delle tariffe
Dell’abolizione delle tariffe si è parlato molto, non solo in relazione agli avvocati. È prevista dall’articolo 9 del decreto sulle liberalizzazioni e vale la pena di approfondirne i contenuti.
Ferma restando l’abrogazione delle tariffe dei professionisti regolamentati da Ordini, il decreto stabilisce che «nel caso di liquidazione da parte di un organo giurisdizionale, il compenso del professionista è determinato con riferimento a parametri stabiliti con decreto del ministro vigilante».
A stabilire questi parametri sarà il dicastero della Giustizia insieme all’Economia. È importante sottolineare che nel caso in cui un contratto fra professionista e consumatore o impresa utilizzi i parametri, questa darà luogo «alla nullità della clausola relativa alla determinazione del compenso ai sensi dell’articolo 36 del decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206».
Preventivi su richiesta del cliente
Un punto molto controverso riguarda il fatto che il compenso per le prestazioni professionali debba essere «pattuito al momento dell‘incarico professionale». Il professionista è tenuto a spiegare al cliente «il grado di complessità dell’incarico», a dare «tutte le informazioni utili circa gli oneri ipotizzabili dal momento del conferimento alla conclusione dell’incarico» e a indicare i costi della polizza assicurativa per i danni eventualmente arrecati.
Il compenso non deve essere necessariamente messo nero su bianco: se il cliente lo richiede, però, il professionista è tenuto a scriverlo. Comunque, anche in altra forma, è tenuto a rendere noto al cliente il compenso, che deve esser adeguato «all’importanza dell’opera» e va pattuito indicando per «le singole prestazioni tutte le voci di costo, comprensive di spese, oneri e contributi».
Tirocinio
Quanto al tirocinio, il decreto prevede che non possa durare più di 18 mesi, con i primi sei che possono iniziare nel corso dell’ultimo anno di università. Ci vuole, però, un’apposita convenzione quadro stipulata fra i consigli nazionali degli ordini e il ministro dell’Istruzione o con quello della Pubblica Amministrazione (per i tirocini negli uffici pubblici). Le nuove norme sul tirocinio non valgono per le professioni sanitarie.
Società professionali
L’Ordine degli Architetti invece si concentra su altri due provvedimenti: il recente decreto sulle semplificazioni e la Legge di Stabilità di fine 2011.
Per quanto riguarda quest’ultima (legge 183/2011), le perplessità riguardano l’articolo 10, che prevede la possibilità di costituire società fra professionisti anche con soci non professionisti. Il Consiglio Nazionale degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori chiede che in fase di conversione del decreto sulle liberalizzazioni si corregga «la norma sulle società professionali che è stata snaturata togliendo ogni limite alla presenza e ai poteri esercitati dai soci terzi di capitale, contraddicendo la logica della istituzione di una peculiare forma di società quale è, appunto, quella dedicata ai professionisti».
In particolare viene considerato «irragionevole ed errato» consentire al socio non professionista la possibilità di avere la maggioranza delle quote, e si sottolinea che l’ingresso di soci di capitale di maggioranza costituirebbe «un’anomalia tutta italiana».
Reti interprofessionali
Gli architetti chiedono anche di poter costituire reti interprofessionali, sul modello delle reti d’impresa.
Contro i soci di capitale nelle società di professionisti si pronunciano anche gli Ingegneri, che a loro volta chiedono di rivedere l’articolo 10 della legge di Stabilità, magari prevedendo che i soci di capitale possano avere solo quote di minoranza.
Infine, di nuovo gli architetti fanno un’ulteriore proposta che riguarda invece le semplificazioni: chiedono che venga estesa anche ai liberi professionisti, oltre che alle imprese, la possibilità di fare una comunicazione unica all’Autorità di Vigilanza sui Lavori Pubblici.