Qualche anno fa divenne famosa la ricetta di un politico italiano già noto come imprenditore che suggeriva la sua personale iniziativa per fare riunioni brevi: restare in piedi. In 20, massimo 30, minuti la riunione veniva conclusa al posto delle solite 2 o 3 ore. A leggerla così sembra fattibile. Ma qualcuno ci ha provato? Ad ogni modo, le riunioni sono utili e a volte essenziali se si deve lavorare con altri colleghi ad un progetto comune o collaborare ad un’attività che richiede l’intervento di più funzioni aziendali. Qual è allora la ricetta giusta per svolgere riunioni che siano brevi ed efficaci?
Tecniche di gestione della riunione
Innanzitutto occorre chiarire che esistono vari tipi di riunione:
- riunioni periodiche: sono tipicamente quelle effettuate da specifiche unità aziendali (budget, vendite, project control) per definire obiettivi, pianificare attività o valutare i risultati raggiunti;
- riunioni di presentazione di partner esterni: sono società esterne che vengono in azienda per presentare la loro offerta, il loro prodotto e per proporre una collaborazione;
- riunioni di formazione: tipicamente workshop, seminari o corsi veri e propri;
- riunioni per una conferenza, un convegno o una manifestazione.
In tutti questi casi c’è un unico oratore (o più di uno ma il suo ruolo è manifesto a tutti i partecipanti) e gli altri ascoltano e/o intervengono solo se interpellati, al limite per fare domande. La riunione che interessa questa trattazione è quella di tipo interno, che si svolge cioè fra colleghi della stessa azienda o fra partecipanti allo stesso progetto (che potrebbero appartenere anche a società diverse). Per qualche motivo, infatti, queste riunioni risultano le più caotiche, lunghe e non-sense di tutte le altre sopraccitate. Tutti, infatti, sono chiamati ad intervenire ed hanno un ruolo attivo nell’incontro e questo può portare un certo caos organizzativo se non si prendono opportuni provvedimenti.
Esistono alcune tecniche di organizzazione e gestione della riunione che si possono adottare e soprattutto vi sono alcune regole per coloro che vi partecipano.
Chi organizza un meeting dovrebbe compiere alcune azioni:
- convocare gli interessati con un mezzo opportuno condiviso anche dagli altri partecipanti, in modo che possano inviare un feedback di accettazione/rifiuto per tempo e tutti gli altri ne siano informati in tempo reale. Spesso, infatti, ci si basa sulle mail, ma molti colleghi le leggono in ritardo e semplicemente non sanno di essere stati convocati;
- inserire nella convocazione alcuni elementi fondamentali: chi sono le persone convocate, il posto dell’incontro, la data e l’ora, la durata prevista, l’obiettivo della riunione, gli argomenti all’ordine del giorno, eventuali materiali che i partecipanti devono consultare prima di presentarsi perchè sulla base del materiale fornito ci si aspetta che vengano prese decisioni importanti;
- confermare la riunione ed i partecipanti che vi hanno aderito;
- il giorno della riunione circa 15 minuti prima inviare un remind a tutti.
L’organizzatore durante la riunione dovrebbe anche essere chiamato a:
- iniziare all’ora stabilita anche se non tutti sono presenti. Sembra un controsenso o peggio una scortesia, ma serve ad insegnare ai ritardatari cronici che la puntualità manifesta il rispetto per il tempo e per il lavoro altrui;
- comportarsi da moderatore: è necessario far rispettare i tempi di intervento anche se non sono stabiliti a priori; spesso si verificano interventi che scadono nella polemica o vanno fuori tema e che quindi durano un’infinità. Saperli ordinatamente riportare all’argomento fulcro della riunione servirà anche a ridurre il tempo di intervento. La cosiddetta “mozione d’ordine” consente al moderatore di tacitare l’interessato rimandando l’eventuale momento di crisi ad altra sede a beneficio dell’obiettivo primario della riunione;
- annotare eventuali punti rimasti aperti: si tratta di argomenti che necessitano di maggiore approfondimento perchè siano prese decisioni in merito. È bene segnarli, approfondirli in separata sede, per poi riprenderli nel corso di un altro incontro quando potranno essere estrinsecati e chiariti;
- a fine riunione riassumere i compiti di ciascuno: in tal modo ogni partecipante saprà quali sono le attività che deve svolgere ed entro quali tempi;
- inviare il verbale della riunione a tutti i partecipanti.
Chi partecipa alla riunione invece dovrebbe:
- dare conferma o meno della propria presenza: al limite inviare un collega che possa fare da sostituto;
- arrivare puntuale;
- arrivare preparato;
- spengere il cellulare ed evitare di portare il computer portatile in riunione;
- evitare gli “small talks”: letteralmente “piccole conversazioni” ovvero le battute, gli scambi di parere fra vicini di sedia, i commenti inopportuni a bassa voce, ecc. Tutto questo fa perdere concentrazione, disturba i colleghi e non apporta alcun contributo alla riunione;
- avere un ascolto e una partecipazione attiva: se il proprio intervento è stato richiesto è probabile che il proprio contributo sarà non solo necessario, ma anche risolutivo e la riunione potrebbe terminare prima del previsto;
- segnare a parte le domande che si vogliono sottoporre ad altri e farle al momento opportuno: i momenti ideali per fare le domande, sono al termine di un intervento o quando il moderatore lo richiede;
- concordare le azioni a proprio carico ed i tempi di esecuzione previsti soprattutto per non vedersi piovere addosso attività improvvise non previste nella propria scala di priorità lavorativa.
Vi sono poi una serie di regole empiriche dettate proprio dal buonsenso che è bene sfruttare sia in qualità di organizzatore sia di partecipante. Per l’organizzatore:
- non indire riunioni per “buttare il problema sul tavolo” aspettando che il brainstorming improvvisato dai partecipanti conduca ad una soluzione. La risoluzione di problemi richiede una certa preparazione anteriore fatta di documentazione e non di idee improvvisate. In particolare la tecnica del brainstorming, solitamente utilizzata per mettere in comune le idee di tutti e far saltare fuori una soluzione, ha senso solo in alcuni gruppi particolarmente focalizzati ad un obiettivo o ad un tema;
- invitare i colleghi solitamente ritardatari solo se strettamente necessario o farli intervenire solo al momento opportuno della riunione;
- se è previsto un coffee break, mettere gli argomenti essenziali prima della pausa e lasciare dopo di essa, le conclusioni, le eventuali domande e il riassunto delle attività da svolgere;
- coinvolgere il manager se e solo se si hanno dei risultati da mostrare o se occorre prendere decisioni. Il manager non serve per dare autorevolezza al proprio intervento o a legittimare il meeting;
Per la modalità partecipante:
- prima di andare fisicamente in riunione assicurarsi che tutti abbiano garantito la propria presenza e che la riunione sia stata confermata;
- se si è convocati ad una riunione il cui respiro è più ampio dell’ambito che interessa o rispetto al contributo che la propria presenza può dare, si può provare a partecipare solo al momento in cui viene toccato il tema di interesse declinando il resto. Ovviamente si dovrebbe avvertire il coordinatore per tempo;
- se si partecipa alla presentazione di una soluzione/prodotto è bene chiedere l’agenda di dettaglio della presentazione per evitare di essere coinvolti tutto il giorno in cose che non interessano.
Ulteriori consigli fondati più sul buonsenso che sui tecnicismi, vengono da uno spassoso libro dal titolo “Morto di riunioni” di Patrick Lencioni secondo cui alcuni segreti per evitare di restare sepolto dalle riunioni sono:
- inserire la passione, accettare e dipanare il conflitto;
- evitare il “minestrone” dei troppi argomenti e stabilire una struttura contestuale;
- non risparmiare sul numero di riunioni necessarie, ma sulla durata;
- affrontarle con spirito positivo, un misto di squadra e di individualità.