I lavoratori a progetto con contratto co.co.pro hanno diritto alla pensione anche in assenza dei contributi versati dai datori di lavoro: a stabilirlo è il Tribunale di Bergamo, che ha esteso a questi parasubordinati il principio di automaticità delle prestazioni sancito dall’articolo 2116 c.c., precedentemente riservato esclusivamente ai dipendenti (sentenza n. 941/2013).
=> La collaborazione a progetto: diritti e regole
Pensione negata
La Sentenza si riferisce al caso di una lavoratrice assunta con contratto a progetto alla quale l’INPS aveva negato la possibilità di percepire la pensione per difetto di contribuzione da parte del committente (una scuola), in riferimento al periodo 1996-2012. Secondo l’INPS, infatti, l’articolo 2116 trova applicazione solo nei rapporti di lavoro subordinato.
Onere contributivo
Il Tribunale di Bergamo, citando la Corte Costituzionale (sentenza n. 374/1997), ha invece ribadito l’inapplicabilità del principio di automaticità per i lavoratori autonomi che si fanno carico del pagamento dei contributi previdenziali (ne hanno responsabilità e sono al contempo soggetto e oggetto dell’omissione del versamento), specificando invece che:
«l’automaticità […] trova applicazione non già solo in quanto il sistema delle leggi speciali vi si adegui, ma – come si esprime l’art. 2116 c.c. – salvo diverse disposizioni delle leggi speciali».
=> Lavoro autonomo: redditi e contributi INPS
Principio di uguaglianza
Secondo il Tribunale, infine:
«Considerando che nel caso di collaborazione a progetto i contributi sono versati da parte del committente anche per la quota a carico del lavoratore, così come ai fini fiscali i redditi da collaborazione sono assimilati a quelli da lavoro dipendente, considerato che il collaboratore non ha alcun sistema per costringere il committente a versare i contributi dovuti a favore dell’INPS, come non lo ha il lavoratore dipendente, la mancata applicazione del principio dell’automaticità delle prestazioni potrebbe costituire una violazione dell’art. 3 della Costituzione.»
Per approfondimenti: Tribunale di Bergamo – sentenza 941/2013.