Obiezione respinta, la Corte Costituzionale ha stabilito che il decreto Poletti dell’estate 2015 sulla restituzione parziale della mancata rivalutazione delle pensioni 2012-2013 non è discriminante né anticostituzionale. La sentenza è stata finalmente discussa dalla Camera di Consiglio della Consulta, mettendo fine a una serie di corsi e ricorsi sulla questione della perequazione automatica delle pensioni.
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Il caso nasce proprio da una sentenza della stessa Corte Costituzionale (70/2015) che, nella primavera del 2015, aveva stabilito l’illegittimità del blocco della rivalutazione dei trattamenti previdenziali previsto dalla Riforma Pensioni di fine 2011.
Il governo era intervenuto per recepire il pronunciamento della Consulta con il decreto Poletti (dl 65/2015), in base al quale era stato restituito il 100% della mancata rivalutazione degli anni 2012 e 2013 solo ai pensionati con assegno fino a tre volte il minimo, mentre per gli importi più alti è stata prevista una restituzione solo parziale (il 40% per i trattamenti da tre a quattro volte, il 20% per gli assegni fra 4-5 volte il minimo, e il 10% per quelli tra 5-6 volte). Nessuna restituzione per le pensioni superiori a sei volte il minimo.
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Il decreto è stato oggetto di diversi ricorsi, sui quali numerosi tribunali hanno chiesto l’intervento della Corte Costituzionale. Ai magistrati della consulta si chiedeva se, dopo una sentenza che aveva definito illegittimo il prelievo sulle pensioni, perché ritenuto non rispettoso dei principi di di proporzionalità e adeguatezza, fosse ammissibile un decreto che restituiva solo in parte il prelievo sulle pensioni.
Ebbene, sentenza della Corte stabilisce che la:
«nuova e temporanea disciplina prevista dal decreto realizzi un bilanciamento non irragionevole tra i diritti dei pensionati e le esigenze della finanza pubblica».
In pratica, recepisce la ratio che aveva ispirato il decreto Poletti.