La RITA, rendita integrativa temporanea anticipata, diventa strutturale e i requisiti si sganciano da quelli necessari per l’APe volontaria: le novità sono inserite nella Legge di Bilancio 2018, che sta per iniziare l’iter parlamentare dopo l’approvazione da parte del Consiglio dei ministri lo scorso 16 ottobre. In pratica, le modifiche tendono a far diventare la RITA 2018 uno strumento che il lavoratore può utilizzare per coprire eventuali periodi di disoccupazione negli anni immediatamente precedenti alla pensione.
=> RITA 2018 a cinque anni dalla pensione
La RITA, lo ricordiamo, consiste nella possibilità, per coloro che hanno smesso di lavorare, di chiedere in tutto o in parte un anticipo del capitale versato al fondo di previdenza complementare fino al conseguimento della pensione di vecchiaia. Introdotta in via sperimentale dalla manovra dello scorso anno (fino al 31 dicembre 2018), viene ora resa strutturale. Cambiano anche i requisiti di accesso, in particolare per quanto riguarda i tre anni e sette mesi che mancano al conseguimento della pensione di vecchiaia. Si tratta del requisito previsto per l’accesso all’APe volontaria, che la formulazione della manovra 2017 estendeva anche alla RITA. Ora invece, come anticipato da PMI.it, la rendita integrativa temporanea anticipata diventa accessibile quando mancano cinque anni alla pensione. Non è più previsto il requisito anagrafico dei 63 anni, mentre bisogna avere almeno 20 anni di contribuzione versata.
Quindi, tendendo presente che nel 2018 l’età per la pensione di vecchiaia sarà per tutti (uomini e donne) a 66 anni e sette mesi, potranno chiedere la rendita integrativa anticipata i lavoratori con 61 anni e sette mesi di età e 20 anni di contributi.
=> Rendita Pensione, istruzioni RITA
La RITA 2018 è estesa anche ai lavoratori che risultano inoccupati per un periodo di tempo superiore ai 24 mesi e maturano l’età anagrafica per la pensione di vecchiaia nel regime obbligatorio di appartenenze entro i dieci anni successivi.
In pratica, viene riscritto il comma 4 dell’articolo 11 del Dlgs 252/2005, mentre la formulazione precedente della RITA, contenuta nei commi da 188 a 191 del ddl 232/2017, è abrogata. Quindi, come detto, non più una misura sperimentale, ma una norma strutturale.
Il trattamento fiscale resta quello precedentemente previsto: ritenuta del 15%, ridotta di 0,30 punti percentuali per ogni anno eccedente il 15esimo anno di partecipazione a forme pensionistiche complementari, con un limite massimo di riduzione di seu punti percentuali. Se la data di iscrizione alla previdenza complementare è anteriore al primo gennaio 2007, gli anni di iscrizione precedenti a questa data sono conteggiati fino a un massimo di 15. Il lavoratore può decidere di non avvalersi di questa tassazione sostitutiva, esprimendo la scelta direttamente in dichiarazione dei redditi, e applicando la tassazione ordinaria.