Il sistema previdenziale italiano è il principale fattore redistributivo del reddito, ma nel 2016 un contributo fondamentale è arrivato anche da nuove misure fiscali come il bonus Renzi da 80 euro e la quattordicesima pensionati (che comunque riguarda le pensioni): lo rileva l’ISTAT nel rapporto sulla Redistribuzione del reddito in Italia. Il dato generale è il seguente: i trasferimenti pubblici (in primis, le pensioni) e le misure fiscali e contributive riducono il gap redistributivo di 15,1 punti percentuali rispetto al reddito primario (che si guadagna sul mercato). Nel dettaglio, analizzando il reddito primario c’è un indice Gini (che misura la disuguaglianza) pari a 445,2 punti, che si riduce a 30,1 dopo i trasferimenti e il prelievo fiscale. Quindi, il reddito disponibile è più equo di quello lordo assicurato dal mercato del lavoro.
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L’effetto più rilevante (10,8 punti) è imputabile alle pensioni, mentre il prelievo fiscale e contributivo vale 4,3 punti. Significa che le norme relative a fiscalità, welfare, previdenza (in una parole semplice, l’intervento pubblico), migliorano la situazione economica del 56,6% di persone con redditi molto bassi o nulli. Con il crescere del reddito, però, l’impatto pubblico diminuisce con un meccanismo che colpisce, nel 49,6% dei casi, anche chi ha redditi medio-bassi. La misura redistributiva più rilevante sono le pensioni previdenziali (invalidità, vecchiaia, superstiti), seguite da quelle assistenziali e dagli altri trasferimenti pubblici (cassa integrazione, sussidi di disoccupazione, assegni familiari).
Per quanto riguarda l’IRPEF, la progressività è determinata soprattutto dalle detrazioni: l’aliquota lorda prima delle detrazioni si stabilizza intorno al 14% per redditi sopra i 24mila euro, mentre dopo le detrazioni aumenta la progressività, con l’aliquota netta che aumenta di 8 punti percentuali fra i 12mila e gli 80mila euro. Nel dettaglio, l’aliquota effettiva netta passa dal 2 al 4% fra i 12 e i 20 mila euro di reddito lordo familiare, arriva al 10% sopra gli 80 mila euro, con una progressività più pronunciata per i redditi familiari medi e medio-bassi (fra i 20mila e i 40mila euro), in corrispondenza dei quali l’aliquota media effettiva cresce di circa quattro punti percentuali.
Il report analizza anche l’impatto delle principali novità fiscali e previdenziali del periodo 2014-2’16: il bonus di 80 euro in busta paga (per redditi da lavoro dipendente e assimilato fino a 26mila euro lordi), l’aumento della quattordicesima pensionati (che, lo ricordiamo è stato incrementato nel 2017, con allargamento della platea, ma questi dati non sono incamerati nel report INPS), e il sostegno inclusione attiva (SIA), hanno aumentato l’equità nel 2016 di 0,3 punti percentuali, facendo passare l’indice da 30,4 a 30,1, e hanno ridotto il rischio di povertà dal 19,2 al 18,4%. La misura che incide maggiormente sui redditi bassi è il SIA, l’aumento della quattordicesima premia invece in misura maggiore le famiglie appartenenti al secondo quintile, il bonus di 80 euro i redditi medio alti (quart’ultimo quintile). Il principale difetto del bonus di 80 euro (che, ricorda il report, non è una misura anti-povertà), è che non riesce a concentrarsi sui redditi bassi (anche a causa dell’esclusione degli incapienti).
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Fra i punti deboli principali del sistema redistributivo pubblico, i giovani. Il rischio povertà è più alto fra i 15 e i 24 anni (dal 19,7 al 25,3%) e fra i 25 e i 34 anni (dal 17,9 al 20,2%). Ancor più debole la tutela dei minori in presenza di basso reddito familiare, con un rischio povertà sotto i 14 anni dal 20,4 al 25,1%. Solo il 16,3% dei giovani fra i 25 e i 34 anni appartenenti al quintile più povero avanza nella scala dei redditi grazie all’intervento pubblico, l’83% non migliora la propria posizione, mentre nel secondo quintile c’è addirittura un 65% di giovani in questa fascia di età che retrocede. I meno tutelati dal welfare, oltre ai giovani (soprattutto se single) sono i nuclei monogenitoriali con figli minori: questi ultimi in base al reddito primario sono nel 20% nel quintile più povero, mentre dopo l’intervento pubblico la percentuale sale al 41,6%. Vita difficile anche per le coppie con figli minori: quasi la metà di queste famiglie arretra dopo l’intervento pubblico, solo il 3% migliora la propria posizione.
Fonte: ISTAT