Tenta di combattere il precariato in Italia, o quantomeno nella Pubblica Amministrazione italiana, lo schema di Dlgs di riforma del Testo unico del pubblico impiego, attuativo della legge delega Madia, approvato in via definitiva dalle Commissioni di Camera e Senato.
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Stabilizzazioni PA: categorie ammesse
La norma prevede la possibilità di stabilizzazione di tutti i lavoratori che abbiano maturato entro il 31 dicembre 2017 tre anni di servizio negli ultimi otto, anche non continuativi, alle dipendenze di una PA sia con contratto a termine che con contratto di collaborazione, purché siano stati selezionati con concorso pubblico.
I tre anni possono essere stati maturati anche presso un’Amministrazione diversa da quella presso cui si è attualmente impiegati, ma sarà quest’ultima a procedere all’assunzione. Stessa procedura anche nel caso in cui in precedenza il lavoro sia stato svolto presso un ente non più esistente perché interessato da procedure di riordino o accorpamento.
L’obiettivo della norma, che ha trovato tutti d’accordo, è di coinvolgere il maggior numero di precari possibile dando il via, con questo piano straordinario di stabilizzazione, al primo vero passo verso una definitiva normalizzazione del pubblico impiego.
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Tetti assunzioni e contratti flessibili
Per gestire le nuove assunzioni i tetti alle assunzioni potranno essere alzati per fare spazio al personale da stabilizzare, purché il tutto rientri nella programmazione triennale sul personale. In più negli enti interessati verrà bloccata la possibilità di sottoscrivere nuovi contratti flessibili. Ai precari da stabilizzare potrà essere proposta la proroga dei contratti con una soluzione-ponte verso la stabilizzazione.
I lavoratori coinvolti, secondo le stime, sono circa 50.000, impiegati soprattutto nella sanità, nelle regioni e negli enti locali, per quanto concerne i contratti a tempo determinato (70%) e negli enti di ricerca per quanto concerne i co.co.pro. (66%).
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Stabilizzazioni PA: categorie escluse
L’operazione stabilizzazione non vedrà invece coinvolti i dirigenti e i titolari di incarichi nati da nomine politiche, o meglio l’anzianità maturata in questi ruoli non conterà per il calcolo dei tre anni di anzianità. Esclusi anche i lavoratori del settore scolastico, dove restano valide le regole stabilite su misura per il settore, nonché medici, tecnici sanitari e infermieri che però fino al 2018 potranno contare sul meccanismo dei concorsi straordinari avviato con la Legge di Stabilità 2016 (Legge n- 208/2015, comma 543) per adeguare le strutture sanitarie alle norme europee sull’orario di lavoro.