No al taglio dello 0,1% delle pensioni 2017 a partire da aprile per recuperare il gap sulla rivalutazione 2015: è materia di emendamenti al Milleproroghe (Dl 244/2016), attualmente in commissione Affari Costituzionali al Senato ed il cui iter di conversione in legge va terminato entro il 28 febbraio. L’emendamento sulla rivalutazione pensioni è stato annunciato dal ministro del Lavoro, Giuliano Poletti: in mancanza di proroga, i pensionati rischiano di vedersi tagliare le pensioni a partire dal prossimo mese di aprile.
Nel 2017 l’indice di rivalutazione è pari a zero, quindi il livello degli assegni resta uguale a quello dell’anno scorso. Il problema è che c’è ancora da recuperare un differenziale dello 0,1% relativo alla rivalutazione 2014-2015: il provvisorio 2015, in base al quale erano state pagate le pensioni, prevedeva un rialzo dello 0,3%, mentre il definitivo si è fermato allo 0,2%.
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L’adeguamento in genere avviene l’anno successivo, quindi in questo caso lo 0,1% di differenza avrebbe dovuto essere recuperato dall’INPS l’anno scorso, ma la Legge di Stabilità 2016, per evitare un abbassamento degli assegni (visto che anche in questo caso la rivalutazione era pari a zero), ha stabilito uno slittamento al 2017, confidando in una ripresa dell’indice di perequazione. Che invece non c’è stata, con il risultato che l’eventuale recupero del differenziale 2015 comporterebbe una riduzione in termini assoluti degli assegni previdenziali 2017.
Nella circolare INPS che dettaglia i minimi 2017 (circolare 8/2017), l’istituto previdenziale indica che l’operazione di recupero inizierebbe con gli assegni di aprile, in quattro rate di pari importo. Per proteggere il potere d’acquisto dei pensionato, il Governo ha annunciato un nuovo congelamento, analogo a quello dell’anno scorso, per cui non ci sarà alcun taglio.
Ma non è l’unica novità che l’esecutivo pensa di inserire nella legge di conversione del Milleproroghe. Fra le ipotesi allo studio, quella di ampliare l’utilizzo dell’APE sociale in relazione alla fattispecie che riguarda l’invalidità. L’attuale formulazione della legge (comma 179 della manovra economica) prevede che il requisito per l’Ape sociale in questione sia un’invalidità accertata e certificata, pari ad almeno il 74%. L’ipotesi è quella di abbassare la soglia, allineandola al 60% previsto dalle tabelle INAIL.
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Altra possibilità su cui è in corso un dibattito tecnico, l’allargamento del cumulo gratuito contributi per agganciare l’Opzione Donna. Al momento, la legge introduce la possibilità di utilizzare il cumulo per ottenere la pensione anticipata (prima era previsto solo per quella di vecchiaia), e ne estende l’applicazione alle casse previdenziali dei professionisti. L’ipotesi allo studio ne consentirebbe l’utilizzo anche per agganciare l’Opzione Donna, quindi per avere 35 anni di contributi entro il dicembre 2015: lavoratrici che hanno il requisito di età (quindi, con 57 o 58 anni di età, rispettivamente per dipendenti e autonome, compiuti entro il 31 dicembre 2015), ma che alla stessa data non avevano raggiunto la necessaria contribuzione (35 anni), se hanno versamenti in diverse gestioni nel caso in cui passasse questa norma estensiva potrebbero sommare i relativi contributivi e ottenere il requisito per andare in pensione.
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Le novità relative all’APE erano già allo studio a fine anno, in vista del passaggio in Senato della Legge di Stabilità, che alla fine è stato però molto veloce, causa crisi di governo, e che quindi alla fine non sono state discusse nell’ambito della manovra. Non ci sono certezze, e non è nemmeno sicuro che, eventualmente, vengano inserite nel Milleproroghe: potrebbe essere considerata una legge specifica.