Con la sentenza n. 850/2017 la Corte di Cassazione ha chiarito che i dipendenti che terminano la loro attività in un luogo diverso rispetto a quello in cui la prestazione ha inizio, come avviene tipicamente per i lavoratori con mansioni di autista, hanno diritto alla retribuzione per il tempo relativo allo spostamento presso la sede di lavoro dal luogo denominato “posto di cambio” nel quale il turno venga a cessare.
Tale tempo deve essere considerato lavorativo e deve essere retribuito in busta paga, a patto che il luogo in cui inizia il lavoro sia diverso da quello in cui finisce e non per una scelta del lavoratore ma per una necessità logistica aziendale. Per il riconoscimento del diritto non rileva il mezzo con il quale il lavoratore si reca al lavoro, ma solo la separazione dei luoghi di inizio e fine lavoro.
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Con la sentenza in oggetto la Cassazione conferma dunque l’orientamento secondo il quale:
“Il computo del tempo di viaggio presuppone che non vi sia coincidenza del luogo di inizio con quello di cessazione del lavoro giornaliero e che tale circostanza sia determinata, non da una scelta del lavoratore ma, in via esclusiva, da una necessità logistica aziendale (restando irrilevante la scelta del mezzo usato per lo spostamento); posto che il fondamento della norma è insito nell’esigenza di compensare il tempo necessario per il menzionato spostamento, indotto dall’organizzazione del lavoro riconducibile all’azienda, il diritto all’attribuzione patrimoniale dipende dal fatto oggettivo della separazione del luogo di inizio e termine della giornata lavorativa, predeterminata dalla programmazione del lavoro aziendale, con l’inizio del lavoro in un determinato luogo e la conclusione in un altro luogo e la connessione causale di questa separazione con le necessità aziendali non esige dimostrazione alcuna; né la contingente scelta del lavoratore di utilizzare o meno la propria vettura per recarsi al lavoro (e quindi di recuperarla al termine della giornata) incide sul fatto oggettivo della separazione dei luoghi da cui dipende il riconoscimento del diritto”.
Fonte: Sentenza della Cassazione.