Irragionevole, incoerente, lesiva dei diritti previdenziali del coniuge superstite, e “fortemente dissonante rispetto all’evoluzione del costume sociale”: con queste motivazioni, la Corte Costituzionale (sentenza 174/2016) ha ritenuto illegittima la cosiddetta norma anti-badanti in base alla quale, dal 2012, subisce un taglio la pensione di reversibilità nel caso di matrimoni con differenza di età superiore ai vent’anni contratti dopo i 70 anni del coniuge più anziano.
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Bocciato, quindi, il comma 5 dell’articolo 18 del decreto legge 98/2011 secondo cui la pensione al superstite viene ridotta del 10% per ogni anno di matrimonio mancante rispetto al numero di dieci (10% se il matrimonio è durato nove anni, 20% se è durato otto anni, ecc.). Unica eccezione, la presenza di figli minorenni, studenti, o inabili.
Sentenza
«La ratio della misura restrittiva risiede nella presunzione che i matrimoni contratti da chi abbia più di settant’anni con una persona di vent’anni più giovane traggano origine dall’intento di frodare le ragioni dell’erario, quando non vi siano figli minori, studenti o inabili». Presupposto «fortemente dissonante rispetto all’evoluzione del costume sociale. Il non trascurabile cambiamento di abitudini e propensioni collegate a scelte personali emerge nitidamente dalla costante giurisprudenza di questa Corte, che prende in esame disposizioni dal contenuto affine, volte a negare il diritto alla pensione di reversibilità nell’ipotesi di matrimonio durato meno di due anni, celebrato dopo la cessazione dal servizio e dopo il compimento del sessantacinquesimo anno di età (sentenza n. 123 del 1990) o di matrimonio celebrato dopo il sessantacinquesimo anno di età, a fronte di una differenza di età superiore a vent’anni (sentenza n. 587 del 1988)».
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Attribuire rilievo all’età del coniuge al momento del matrimonio e alla differenza di età, scrivono ancora i giudici, significa introdurre una
«regolamentazione irragionevole, incoerente con il fondamento solidaristico della pensione di reversibilità, che ne determina la finalità previdenziale, presidiata dagli articoli 36 e 38 della Costituzione e ancorata dal legislatore a presupposti rigorosi».
La disposizione, che opera a danno del solo coniuge superstite più giovane esclusivamente nell’ipotesi di una considerevole differenza di età, conferisce «rilievo a restrizioni a mero fondamento naturalistico» che la giurisprudenza della Consulta «ha già ritenuto estranee all’essenza e ai fini del vincolo coniugale».
«Il nesso tra durata del matrimonio e ammontare della pensione di reversibilità non si correla a una previsione generale e astratta, eventualmente incentrata su un requisito minimo di convivenza, valido per tutte le ipotesi», ma si applica solo all’ipotesi «in cui il matrimonio sia scelto da chi ha già compiuto i settant’anni di età e la differenza di età tra i coniugi travalichi i vent’anni», in contrasto con l’articolo 3 della Costituzione, in base al quale «tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla legge senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali».
della Corte Costituzionale