Il capitolo Riforma Pensioni promette di tornare caldo: Cesare Damiano annuncia che la commissione Lavoro della Camera, da lui presieduta, sta per presentare un disegno di legge sulla flessibilità in uscita. Si tratta della sintesi fra circa 20 diverse proposte legislative depositate negli ultimi anni, a partire dal 2013, sulle quali ha lavorato il Comitato Ristretto della commissione di Montecitorio raggiungendo un accordo politico. Si tratta di un’iniziativa che vuole anche rappresentare uno stimolo al Governo ad affrontare la revisione del sistema pensionistico annunciata a più riprese nel corso del 2015 ma ancora non attuata, sulla quale anzi l’Esecutivo negli ultimi mesi ha manifestato una certa prudenza.
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Damiano ricorda che anche i sindacati confederali, Cgil, Cisl e Uil, spingono per incentivare la pensione anticipata e hanno chiesto al presidente del Consiglio, Matteo Renzi, e al ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, un incontro che affronti la questione della flessibilità in uscita. L’obiettivo è quello di allentare i paletti della Riforma Fornero, che ha alzato l’età pensionabile e introdotto rigidi criteri per le pensioni di anzianità, introducendo nuove forme di pre-pensionamento.
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L’unica novità che questo dibattito ha fino ad ora prodotto è la misura inserita in Legge di Stabilità sul part-time per la pensione, che consente a chi è a non più di tre anni dell’età pensionabile di scegliere una forma di part-time fra il 40 e il 60%, con una retribuzione più alta rispetto a quella normalmente prevista per il tempo parziale, e i contributi figurativi per maturare il diritto a una pensione piena. Damiano insiste sulla necessità di trovare forme per permettere ai lavoratori più anziani di:
«andare in pensione in modo anticipato per lasciare il posto di lavoro ai giovani».
Nel frattempo, resta acceso il dibattito sul taglio alle pensioni di reversibilità inserito nel disegno di legge del Governo contro la povertà, che lo stesso Damiano definisce “non accettabile”, perché si tratta “dell’ennesimo intervento dopo quelli, pesanti, del governo Monti”, mentre “la previdenza non può essere considerata la mucca da mungere in ogni stagione per risanare i conti dello Stato. Dopo le rassicurazioni fornite dal ministro Poletti, sul fatto che i trattamenti in essere non verranno toccati e che la misura prevista è «il superamento di sovrapposizioni e situazioni anomale», è intervenuto anche il ministero dell’Economia, Pier Carlo Padoan, che durante un question time alla Camera ha ribadito che «il governo non ha allo studio alcun intervento sulle pensioni di reversibilità. Tutti i trattamenti restano intatti».
Non è chiaro se si tratta di una marcia indietro rispetto al testo del Ddl approvato dal Consgilio dei Ministri dello scorso 28 gennaio, che ora inizio l’iter alla Camera e prevede un diverso modo di calcolo delle pensioni di reversibilità future, basato non più sul numero dei superstiti aventi diritto, ma sull’ISEE, l’indicatore della situazione economica equivalente, depurato dalla componente patrimoniale.