L’indennità di disoccupazione NASpI, la Nuova prestazione di Assicurazione Sociale per l’Impiego, spetta anche in caso di licenziamento con accettazione dell’offerta di conciliazione o di dimissioni presentate durante il periodo tutelato di maternità da 300 giorni prima della data presunta del parto e fino al compimento del primo anno di vita del figlio. Ovvero la NASpI deve essere riconosciuta anche:
- ai lavoratori che abbiano rassegnato le dimissioni per giusta causa;
- in caso di risoluzione consensuale del rapporto di lavoro intervenuta nell’ambito della procedura di cui all’art. 7 della legge 15 luglio 1966, n. 604, come modificato dall’art. 1, comma 40, della legge n. 92 del 2012.
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Requisiti
I requisiti per il riconoscimento della NASpI, ai sensi dell’art. 3 del D.Lgs. n. 22/2015, sono di aver perduto involontariamente la propria occupazione e:
- essere in stato di disoccupazione ai sensi dell’art. 1, comma 2, lettera c) del D.Lgs. 21 aprile 2000, n. 181, e successive modificazioni;
- avere, nei quattro anni precedenti l’inizio del periodo di disoccupazione, almeno tredici settimane di contribuzione;
- avere trenta giornate di lavoro effettivo, a prescindere dal minimale contributivo, nei dodici mesi che precedono l’inizio del periodo di disoccupazione.
Dimissioni
In caso di dimissioni (circolare INPS n. 94/2015) è ritenuta una giusta causa, ad esempio:
- il mancato pagamento della retribuzione;
- l’aver subito molestie sessuali nei luoghi di lavoro;
- aver subito modificazioni peggiorative delle mansioni lavorative;
- il mobbing;
- le notevoli variazioni delle condizioni di lavoro a seguito di cessione ad altre persone (fisiche o giuridiche) dell’azienda (art. 2112, comma 4 del codice civile);
- lo spostamento del lavoratore da una sede ad un’altra, senza che sussistano le “comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive” previste dall’art. 2103 del codice civile;
- il comportamento ingiurioso posto in essere dal superiore gerarchico nei confronti del dipendente.
Per le dimissioni volontarie presentate durante il periodo di maternità per il quale è previsto il divieto di licenziamento, la lavoratrice ha diritto alle indennità previste da disposizioni di legge e contrattuali per il caso di licenziamento (art. 55 del D.Lgs. n. 151/2001 come modificato dal D.Lgs. n. 80/2015). Ovvero la lavoratrice ha diritto:
- al Trattamento di Fine Rapporto (TFR);
- all’indennità di disoccupazione (adesso NASpI), se ne possiede i requisiti.
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Risoluzione consensuale
La NASpI spetta anche in caso di risoluzione consensuale del rapporto di lavoro a patto che la prestazione sia intervenuta nell’ambito della procedura di conciliazione da tenersi presso la Direzione Territoriale del Lavoro secondo le modalità previste all’art. 7 della legge 15 luglio 1966, n. 604.
Licenziamento disciplinare
La NASpI spetta anche in caso di licenziamento disciplinare rientrando, secondo l’interpretazione dell’INPS (Circolare n. 142/2015) e del Ministero del Lavoro (interpello n. 13/2015), nella fattispecie di “disoccupazione involontaria” perché l’adozione del provvedimento disciplinare è sempre rimessa alla libera determinazione e valutazione del datore di lavoro e costituisce esercizio del potere discrezionale. Va inoltre considerato che l’impugnabilità del licenziamento nelle opportune sedi giudiziarie potrebbe fare sì che lo stesso venga ritenuto illegittimo.
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Licenziamento con conciliazione
Allo stesso modo non è ostativo al riconoscimento della indennità NASpI il licenziamento con accettazione dell’offerta di conciliazione (Ministero del Lavoro interpello n. 13/2015 e Circolare INPS n. 142/2015): l’accettazione da parte del lavoratore licenziato di un’offerta di conciliazione, che non costituisce reddito imponibile e non risulta assoggettato a contribuzione previdenziale, comporta esclusivamente la rinuncia all’impugnativa del licenziamento ma non muta lo stato disoccupazione involontaria conseguente ad atto unilaterale di licenziamento del datore di lavoro.