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In pensione a 70 anni con accordo in azienda

di Barbara Weisz

Pubblicato 7 Settembre 2015
Aggiornato 30 Settembre 2015 09:13

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Non è automatico il diritto di andare in pensione a 70 anni, serve un accordo con il datore di lavoro: sentenza di Cassazione sulla Riforma Fornero.

Over 70
Il
lavoratore può restare in servizio anche dopo aver maturato i requisiti per la pensione di vecchiaia, ma solo con il consenso dell’azienda; vale anche per le forme di previdenza privatizzate, come le casse dei professionisti: lo stabilisce la Corte di Cassazione che, con sentenza 17589 (Sezioni Unite), fa chiarezza sul diritto di restare al lavoro fino a 70 anni previsto dalla Riforma Fornero e fornisce un‘interpretazione corretta dell’articolo 24, commi 4 e 24, del Dl 201/2011 (Salva Italia).

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La norma regola il diritto alla prosecuzione del rapporto di lavoro oltre il  limite di età fissato per alla pensione di vecchiaia. Il comma 4 stabilisce che:

«il proseguimento dell’attività lavorativa è incentivato, fermi restando i limiti ordinamentali dei rispettivi settori di appartenenza, dall’operare dei coefficienti di trasformazione calcolati fino all’età di 70 anni».

Questo, secondo la Cassazione,

«non attribuisce al lavoratore un diritto di opzione per la prosecuzione del rapporto di lavoro,  consente allo stesso di scegliere fra la quiescenza o la continuazione del rapporto, ma prevede solo la possibilità che, grazie all’operare di coefficienti di trasformazione calcolati fino all’età di 70 anni, si creino le condizioni per consentire ai lavoratori interessati la prosecuzione del rapporti di lavoro oltre i limiti previsti dalla normativa di settore».

Quindi, la norma «non crea alcun automatismo», ovvero non comporta che il lavoratore abbia diritto a scegliere unilateralmente di restare in servizio, ma semplicemente «prefigura la formulazione di condizioni previdenziali che costituiscano incentivo alla prosecuzione del rapporto di lavoro per un lasso di tempo che può estendersi fino a 70 anni». In pratica, è necessario che ci sia il consenso del datore di lavoro.

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Sempre il comma 4  estende la copertura dell’articolo 18 (diritto al reintegro in caso di licenziamento ingiustificato):

«fino al conseguimento del predetto limite massimo di flessibilità».

Anche qui, spiegano i giudici, nessun automatismo; la legge di fatto consente l’applicazione dell’articolo 18 solo nel caso in cui:

«le parti abbiano consensualmente ritenuto di procrastinare la durata del rapporto» fino ai 70 anni.

L’applicabilità di questa norma alle gestioni previdenziali privatizzate riguarda invece l’interpretazione del comma 24, che in estrema sintesi stabilisce la necessità di assicurare l’equilibrio finanziario delle gestioni previdenziali. La norma fa esplicito riferimento al decreto legislativo 509/94, che riguarda gli enti previdenziali privatizzati, ai quali quindi, secondo la sentenza, si applicano tutte le regole sopra descritte.