Leggevo la notizia di Marianna Di Iorio sul sito di PMI.it. Nella notizia si parla dell’assoluzione, da parte della corte di cassazione, di un dirigente che aveva effettuato l’accesso ad una casella di posta elettronica di un dipendente: è stato garantito l’uso legittimo di uno strumento aziendale.
È vero, i PC aziendali devono – direi dovrebbero – essere utilizzati solo per fini che siano strettamente connessi con la realtà lavorativa. Ma è altrettanto vero che mantenere un controllo costante e maniacale su ogni corrispondenza inviata o ricevuta è assolutamente controproducente (sempre restando sulla scia di quanto detto qui ieri da Claudio).
Personalmente mi domando che scopo abbia controllare le mail dei propri dipendenti: la volontà di mantenere un controllo sulla loro produttività non può, a mio modo di vedere le cose, riflettersi un un morboso controllo delle loro operazioni e della loro corrispondenza elettronica.
Che la corte di cassazione abbia stabilito che non si tratti di un atto lesivo della privacy ha, all’atto pratico, davvero poca importanza.
Un dirigente che controlla le mail dei propri dipendenti di lavoro ha chiari problemi nel rapportarsi con loro, in termini di fiducia e di delega di responsabilità .
Un team di lavoro ben consolidato non ha la necessità di essere tenuto sotto controllo o osservato di nascosto.
Ciò che si deve creare in contesti come questi è una dinamica di fiducia reciproca.
Il dipendente deve essere lasciato libero di fruire degli strumenti, ma al tempo stesso deve sapere che quegli strumenti sono di proprietà dell’azienda e devono essere utilizzati solo ed esclusivamente per fini ad essa correlati.
Perché controllare e punire i dipendenti a posteriori quando è possibile prevenire i problemi? È vero: instaurare un clima di fiducia e di collaborazione non è semplice. Ma sicuramente porta vantaggi maggiori al semplice controllo dell’operato dei propri sottoposti.
Si tratta di precise linee direttive che dipendono dalla volontà di ogni datore di lavoro.