La nozione di “retribuzione da assoggettare a contributi” fa riferimento alla definizione di reddito di lavoro dipendente valida a fini fiscali. L’attività svolta in trasferta, dunque, può essere compensata in vario modo: vediamo alcuni esempi.
Indennità per i trasfertisti: le indennità e le maggiorazioni di retribuzione spettanti al lavoratore dipendente tenuto per contratto a svolgere la propria attività fuori ufficio, in luoghi sempre variabili e diversi da quello della sede aziendale, anche se corrisposte con carattere di continuità , partecipano alla formazione del redditto imponibile nella misura del 50% del loro ammontare.
Assegni di sede: sono gli assegni corrisposti ai lavoratore residenti in Italia, chiamati a svolgere la propria attività all’estero per un periodo di tempo determinato ed in via non continuativa. Tali assegni e le altre indennità percepite per servizi prestati all’estero sono imponibile nella misura del 50%.
Indennità di trasferimento e prima sistemazione: le indennità in parola sono escluse dalla retribuzione imponibile nella misura del 50% del loro ammontare, fino ad un massimo annuo di:
a) 1.549,37 Euro per i trasferimenti sul territorio nazionale;
b) 4.648,11 Euro per i trasferimenti da o per l’estero;
c) 6.197,48 Euro se nello stesso anno il lavoratore subisce un trasferimento in Italia e uno all’estero.
Rimborsi spese: in via generale, i rimborsi spese a piè di lista di spese sostenute per lavoro sono assoggettati a contribuzione, salvo quanto previsto in caso di trasferta e di trasferimento. Sono invece esclusi dalla base imponibile i rimborsi di denaro anticipato per conto del datore di lavoro.