La Cassazione ribalta quanto sostenuto finora dall’INPS e afferma il diritto all’APE Sociale anche pe gli occupati saltuari che, dopo aver perso il posto, hanno trovato impiego per pochi mesi. La sentenza n. 30258/2024 del 25 novembre, nello specifico, mette in evidenza come il requisito non venga meno in caso di rioccupazione del lavoratore con contratti di lavoro a termine e di durata inferiore a sei mesi.
La Corte ha stabilito che la rioccupazione con contratti a termine di durata inferiore a sei mesi non preclude l’accesso alla prestazione di accompagnamento alla pensione di vecchiaia, chiarendo come tali brevi periodi lavorativi non interrompono lo status di disoccupato necessario per beneficiare dell’anticipo pensionistico.
APE Sociale anche dopo brevi contratti a termine
La Corte di Cassazione specifica che i requisiti di accesso all’APE Sociale devono fare riferimento all’ultimo lavoro a tempo indeterminato o determinato con durata che superi i sei mesi, mentre non ha alcun rilievo la rioccupazione per periodi inferiori a sei mesi successiva alla cessazione del detto rapporto.
Lo stato di disoccupazione in caso di licenziamento (anche collettivo), dimissioni per giusta causa o risoluzione consensuale con procedura di conciliazione obbligatoria, viene solo sospeso e non deve compromettere l’accesso all’APE Sociale per chi raggiunge anche i requisiti anagrafici.
APE Sociale: requisiti e condizioni
L’APE Sociale è un’indennità che accompagna specifiche categorie di lavoratori verso la pensione di vecchiaia. Tra i requisiti fondamentali vi è lo stato di disoccupazione a seguito di cessazione involontaria del rapporto di lavoro, come licenziamento, dimissioni per giusta causa o risoluzione consensuale nell’ambito della procedura di conciliazione obbligatoria. È inoltre necessario aver esaurito integralmente la prestazione di disoccupazione spettante, come la NASpI.
Il caso esaminato dalla Cassazione
La vicenda riguarda un lavoratore licenziato che, dopo aver percepito la NASpI, si era rioccupato con contratti a termine inferiori a sei mesi. L’INPS aveva negato l’APE Sociale, sostenendo che tali rioccupazioni interrompessero lo stato di disoccupazione. La Suprema Corte ha respinto questa interpretazione, affermando che brevi rioccupazioni non incidono sullo stato di disoccupazione e, quindi, non ostacolano l’accesso all’APE Sociale.
Orientamenti dell’INPS
Già nel messaggio n. 4195 del 25 ottobre 2017, l’INPS aveva chiarito che rapporti di lavoro subordinato di durata non superiore a sei mesi, successivi alla conclusione della prestazione di disoccupazione, non fanno venir meno lo stato di disoccupazione e non incidono sull’APE Sociale.
Platea dei beneficiari
La legge n. 205 del 2017 ha ampliato l’accesso all’APE Sociale includendo i lavoratori a termine che, nei tre anni precedenti la cessazione del rapporto, abbiano avuto almeno 18 mesi di lavoro dipendente.
La Cassazione ha precisato che questa modifica non altera i requisiti per i lavoratori già inclusi, ma estende la platea dei beneficiari. In sintesi, la rioccupazione con contratti a termine di breve durata non compromette il diritto all’APE Sociale, purché siano soddisfatti gli altri requisiti previsti dalla normativa vigente.
Questo chiarimento offre maggiore certezza ai lavoratori che, dopo una cessazione involontaria del rapporto di lavoro, intraprendono brevi periodi di rioccupazione.