Il massimale contributivo continua ad applicarsi al lavoratore con anzianità contributiva anteriore al 1996 anche nel caso di un nuovo impiego dopo la pensione. Lo chiarisce l’INPS con messaggio 3748/2024 fornendo una sorta di interpretazione autentica su un aspetto tradizionalmente controverso.
In pratica, ai fini dell’applicazione del massimale contributivo sopra il quale non si effettuano più versamenti utili per il calcolo della pensione rileva la data di prima iscrizione a un ente previdenziale obbligatorio, anche nel caso in cui questi abbiano già dato luogo a un trattamento previdenziale.
L’indicazione è utile per la verifica dell’adempimento contributivo da parte del datore di lavoro.
Come funziona il massimale contributivo
I lavoratori che hanno iniziato a lavorare prima del 1996, versano i contributi in base alla retribuzione, senza applicare alcun tetto. I contributivi puri, invece, essendo iscritti alla previdenza successivamente al primo gennaio 1996, sono soggetti ad un massimale (ai sensi dell’articolo 2, comma 18, della legge 8 agosto 1995, n. 335), che nel 2024 è pari a 119.650 euro: la quota di retribuzione eccedente tale soglia non è utile ai fini previdenziali e quindi non è soggetta a ritenuta.
In base al nuovo chiarimento fornito dall’INPS, questa regola si applica anche dopo che il lavoratore è eventualmente andato in pensione e poi riprende a lavorare. La precisazione viene fornita in seguito a un parere del ministero del Lavoro.
Cosa succede dopo la pensione?
La data di prima iscrizione, sottolinea l’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale, continua a rimanere valida ai fini dell’applicazione del massimale annuo della base contributiva e pensionabile, anche qualora per tali periodi sia stato conseguito un trattamento pensionistico.
Il legislatore, prosegue l’INPS nel messaggio 11 novembre 2024, n. 3748, «ha individuato un preciso riferimento temporale, il 1° gennaio 1996, da considerare per la valutazione dello status di “vecchio” o “nuovo” iscritto a cui collegare gli effetti derivanti, rispettivamente, dalla disapplicazione o dall’applicazione del massimale». E «il reimpiego del lavoratore in un momento successivo alla liquidazione di un trattamento pensionistico non determina il venire meno dello status di vecchio iscritto originariamente acquisito.
Se però, dopo il pensionamento, l’iscritto intraprende un’attività libero-professionale che richiede l’iscrizione presso un ente di previdenza di categoria, l’attività viene sottoposta alla specifica disciplina ordinamentale adottata in materia dall’ente di riferimento.