In vista della Riforma delle Pensioni, il presidente dell’INPS, Gabriele Fava, ha sintetizzato le linee guida per una revisione del sistema previdenziale italiano che garantisca nel tempo sostenibilità per le casse dello Stato ma anche un tasso di sostituzione adeguato rispetto alle retribuzioni prima del pensionamento.
In audizione alla Commissione di controllo sull’attività degli enti gestori di forme obbligatorie di previdenza e assistenza sociale, Fava ha come contenere i costi delle pensioni, a partire da quelle dei cosiddetti baby boomer (i nati tra il 1945 e il 1964).
Riforma Pensioni sostenibile: meno costi e più contributi
Dal 2027 è attesa un’ondata di pensionamenti piuttosto onerosa, che farà salire ulteriormente la spesa previdenziale rispetto al PIL, già messa a dura prova nell’ultimo biennio a causa dell’inflazione. Ma non si può semplicemente tagliare i costi previdenziali, altrimenti si ridurrebbe l’adeguatezza degli assegno rispetto al costo della vita.
D’altro canto, il controllo della spesa previdenziale è complesso, poiché strettamente legato a fattori demografici che seguono tendenze di lungo periodo. Inoltre, l’ipotesi di aumentare ulteriormente l’età pensionabile risulta poco praticabile, dato che l’Italia già impone requisiti di accesso tra i più elevati in Europa, salvo gli adeguamenti legati all’aspettativa di vita.
Peraltro, «l’equilibrio del sistema previdenziale dipende non solo dalla gestione delle uscite, ma anche dalla capacità di sostenere il flusso delle entrate, principalmente derivanti dai contributi versati dai lavoratori e dalle imprese» ha spegato Fava:
per garantire un sistema previdenziale sostenibile, è essenziale agire sul lato delle entrate, utilizzando diverse leve che possano aumentare il numero di lavoratori occupati e migliorare la qualità dell’occupazione, con conseguenti effetti positivi sui salari.
La flessibilità in uscita resta legittima
Il sistema contributivo, che lega la pensione erogata ai lavoratori ai versamenti previdenziali effettivamente effettuati, garantisce la resilienza del sistema rispetto a queste scelte.
Questo, senza dimenticare il contesto sociale e personale. Per cui, insieme alle misure di prolungamento volontario dell’attività lavorativa, secondo il presidente dell’INPS, «vanno garantite forme di flessibilità in uscita legittimamente richieste dai lavoratori che intendono ritirarsi dalla vita lavorativa gradualmente pur rimanendo attivi in altri settori della società civile».
Iniziative per la sostenibilità del sistema pensionistico
Tra le misure raccomandate nel Piano Strutturale di Bilancio vi è la promozione di politiche attive per l’inserimento lavorativo, soprattutto per le donne, attraverso strumenti che facilitino la conciliazione tra vita privata e lavoro.
Allo stesso modo, diventa essenziale ridurre il divario tra le competenze richieste dal mercato e quelle effettivamente possedute dai lavoratori. Questo obiettivo può essere raggiunto con un rafforzamento dei collegamenti tra il sistema formativo e il mondo delle imprese, favorendo percorsi di formazione continua e aggiornamento professionale, capaci di rispondere a un mercato del lavoro in costante trasformazione.
Un’ulteriore leva per sostenere il sistema previdenziale è rappresentata da misure volte a prolungare la vita lavorativa, incentivando la permanenza in attività attraverso politiche mirate.
Infine, l’aumento della produttività e della crescita economica, potenziato da investimenti strategici, può fornire un contributo significativo alla sostenibilità del sistema.
Un ultimo monito: per garantirne la stabilità, sono fondamentali regole di accesso alla pensione chiare e durature. La continua introduzione di interventi temporanei può infatti minare la fiducia e la solidità complessiva del sistema, come sottolineato anche dalla Corte dei Conti.
Invecchiamento attivo dei lavoratori: in pensione più tardi
Gli strumenti suggeriti da Fava seguono essenzialmente due direttrici:
- misure per l’invecchiamento attivo che trattengano le persone al lavoro,
- politiche attive che favoriscano l’occupazione delle categorie meno rappresentate (donne e giovani), e riducano il disallineamento di competenze che indebolisce la produttività.
«L’invecchiamento attivo non è solo una questione sociale alla quale dare risposta, ma anche un’opportunità per il mondo del lavoro, che dovrebbe valorizzare conoscenze e competenze dei lavoratori in tutte le fasce di età, superando la visione che vede il lavoratore anziano come un blocco all’ingresso dei giovani nel mercato del lavoro».
Aumentare l’occupazione giovanile e femminile
La partecipazione di donne e giovani al mercato del lavoro è in aumento, pur restando un punto critico. Il numero di iscritti INPS di età inferiore ai 35 anni è passato dai 6,4 milioni del 2019 ai circa 7 milioni del 2023, e, nella stessa classe di età, la componente femminile è aumentata dell’8,4%. Il tasso di occupazione femminile è salito di 35 punti percentuali dal 2020.
Per favorire la permanenza delle donne nel mercato del lavoro bisogna puntare anche sulla conciliazione vita lavoro e gli investimenti in asili, che sostengano i genitori lavoratori con figli. Importante anche «implementare politiche mirate a ridurre il numero dei giovani che non lavorano e non sono impegnati in percorsi di formazione (i cosiddetti NEET), contrastare l’emigrazione giovanile e incentivare il ritorno di coloro che hanno scelto questa strada negli ultimi anni».
In passato hanno funzionato bene in questo senso incentivi come la Decontribuzione Giovani, l’apprendistato e il Bonus Assunzione NEET.
Da ultimo, bisogna insistere sull’educazione previdenziale, obiettivo perseguito dall’INPS soprattutto nei confronti dei giovani.