La novità più rilevante in materia di pensioni è il ritorno alla rivalutazione piena per tutti i trattamenti (almeno in base alle anticipazioni del Ministro dell’Economia), mentre per il resto sembrano confermate anche per il 2025 tutte le attuali misure di flessibilità in uscita, a partire dall’APE Sociale, a cui è destinato un rifinanziamento dedicato.
Non è ancora invece chiaro cosa succederà alle pensioni minime: l’unica cosa certa è la proroga della maggiorazione già prevista lo scorso anno, ma è probabile anche un ulteriore incremento.
Aumento pensioni 2025: rivalutazione senza penalizzazioni
Il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti ha dichiarato che nel 2025 riprende la rivalutazione piena e che il “meccanismo di sterilizzazione che era in vigore non c’è più”. Il riferimento è alle aliquote di perequazione applicate negli ultimi due anni, ridotte per i trattamenti superiori a quattro volte il minimo.
Dovrebbero quindi tornare applicabili le aliquote previste dalla legge 388/2000, in base alle quali ci sono tre fasce di rivalutazione:
- al 100% fino a tre volte il minimo,
- al 90% fra quattro e cinque volte,
- al 75% per gli assegni superiori a cinque volte il minimo.
Non solo: se così fosse, le aliquote si applicherebbero per scaglioni di reddito e non più all’intero importo della pensione.
Nel 2024 la perequazione è stata applicata invece con il seguente schema:
- 100% fino a quattro volte il minimo INPS (ca. 2400€ lordi al mese);
- 85% fino a cinque volte;
- 53% fino a sei volte;
- 47% fino a otto volte;
- 37% fino a dieci volte;
- 22% per assegni dell’inflazione per assegno superiori a dieci volte il minimo.
Negli ultimi due anni, le leggi di bilancio avevano previsto meccanismi meno favorevoli, anche a fronte di un’inflazione alta che comportava un incremento apprezzabile degli assegni. Ora invece l’inflazione è scesa, per cui la perequazione 2025 sarà in ogni caso limitata rispetto agli anni scorsi. L’inflazione 2024 è attesa intorno all’1%.
Sulle pensioni minime non è ancora certo se la Manovra 2025 confermerà solo la maggiorazione già riconosciuta lo scorso anno (+2,7%), che porterebbe il trattamento a 621 euro, opure se è stato inserito un ulteriori ritocco al rialzo.
Incentivi per ritardare la pensione
L’ultima novità riguarda il trattenimento in servizio. La ratio è quella di incentivare la permanenza al lavoro anche dopo l’età pensionabile. Ci sono due misure specifiche in Manovra:
- una offre la possibilità per alcuni di chiedere il trattenimento in servizio ai dipendenti pubblici, che attualmente devono andare in pensione al rggiungimento del limite ordinamentale previsto dal rispettivo ordinamento (con qualche eccezione);
- la seconda amplia il bonus Maroni ed è pensata per i dipendenti del privato, consentendo di versare in busta paga i contributi a carico del lavoratore che ha l’età pensionabile (oggi è limitata a chi ha i requisiti per la Quota 103).
La pensione integrativa
Viene previsto anche un nuovo semestre di semestre-assenso per la destinazione del TFR ai fondi di previdenza complementare, ritenuta maggiormente conveniente in termini di rendimento nel lungo periodo.
Si tratta del cosiddetto secondo pilastro previdenziale, che sarà incentivato nell’ambito della riforma pensioni vera e propria. Per adesso, ci si limita ad orientare i lavoratori verso questa forma di investimento in una pensione integrativa rispetto a quella pubblica.
Opzione Donna, Quota 103 e APE Sociale
Sulla flessibilità uscita non ci sono modifiche, quindi restano anche nel 2025 le attuali formule con gli attuali requisiti.
L’APE Sociale consente di ritirarsi a 63 anni e cinque mesi di età contestualmente ad un requisito contributivo di 30 anni o di 36 anni a seconda della categoria di aventi diritto in cui si rientra (disoccupati, caregiver, disabili almeno al 74% e addetti a mansioni gravose).
L’Opzione Donna prevede l’uscita a 61 anni di età con 35 anni di contributi maturati al 31 dicembre 2024, con uno sconto di un anno per ogni figlio fino a un massimo di due anni di anticipo. Bisogna però rientrare anche in una specifica categoria fra le seguenti: disoccupate o occupate in aziende con tavoli di crisi aperti; caregiver; disabili almeno al 74%. L’Opzione Donna comporta il ricalcolo contributivo dell’intera pensione.
La Quota 103 richiede 62 anni di età e 41 anni di contributi maturati entro il 31 dicembre 2025. L’assegno prevede il ricalcolo contributivo della pensione e, come ulteriore penalizzazione, è previsto un paletto in base al quale l’assegno non può superare un importo pari a quattro volte il trattamento minimo INPS fino al compimento dell’età per la pensione di vecchiaia.