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Pensioni minime in aumento e non solo: tutte le novità in Manovra 2025

di Barbara Weisz

7 Ottobre 2024 14:33

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Aumento pensioni minime, estensione Bonus Maroni, trattenimento in servizio nel Pubblico Impiego: le nuove misure di riforma pensioni in Manovra 2025.

Si delinea il capitolo pensioni in Manovra 2025, con alcune novità sulle prestazioni minime. Si parla di un mini bonus per portare il trattamento minimo fra i 630 e i 650 euro. Per avere certezze manca poco. La Legge di Bilancio è ormai alle porte e il Governo ne dovrebbe presentare lo schema tra il 15 e il 20 ottobre ma non si escludono ritardi vista la difficoltà di reperire risorse e il parallelo debutto del Piano Strutturale di Bilancio, un nuovo documento di politica economica previsto dal Patto di Stabilità Europeo.

Alle pensioni sono destinate poche risorse e l’unica misura da finanziare, fra le novità ipotizzate, sarebbe proprio l’aumento delle pensioni minime. Vediamo con precisione come si configurano le misure 2025 previste.

Bonus pensioni minime

Le pensioni minime si attestano attualmente a circa 615 euro. In realtà, la pensione minima strutturale sarebbe pari a 598 euro ma, per il solo 2024, la Manovra dello scorso anno aveva previsto un incremento una tantum del 2,7%.

Ora l’idea è di prorogare questo aumento, che andrebbe poi sommato alla rivalutazione Istat per l’adeguamento annuale all’inflazione, combinazione che le farebbe salire a 621 euro.

Mentre negli ultimi due anni l’indicizzazione delle pensioni era destinata ad avere un certo peso nel bilancio del sistema previdenziale a causa dell’inflazione alta, quest’anno l’adeguamento 2025 è atteso intorno all’1%, poco sfidante in termini di coperture. Ma anche poco rilevante in termini di aumenti nel cedolino pensioni.

Ci sarebbe quindi l’idea di alzare ulteriormente le minime, almeno fino a 630-650 euro.

Per finanziare il nuovo bonus pensioni minime, nelle scorse settimane si è parlato di un nuovo taglio alla perequazione dei trattamenti più alti, anche se i condizionali sono d’obbligo.

Anche perché la riduzione delle aliquote di rivalutazione delle pensioni sopra quattro volte il minimo prevista dalla Legge di Bilancio 2023, proseguita nel 2024 con l’ulteriore riduzione dei trattamenti sopra le dieci volte il minimo, è nel frattempo oggetto di ricorso alla Corte Costituzionale.

La pronuncia non ha tempi brevi, quindi non impatterà sulla Manovra 2025. Ma su questi tagli pende un rischio di incostituzionalità che riguarderebbe automaticamente anche i nuovi ridimensionamenti.

TFR nei fondi pensione con silenzio assenso

L’altra novità indicata come molto probabile in Manovra 2025 è legata alla previdenza complementare. Lo sviluppo del secondo pilastro previdenziale è fra gli obiettivi di medio termine indicati nel PSB. La misura allo studio, nell’immediato, sarebbe un nuovo semestre di silenzio assenso per destinare il TFR ai fondi di previdenza, non solo per i neo assunti ma per tutti i dipendenti che ancora non lo hanno fatto.

In pensione più tardi: Bonus Maroni e trattenimento in servizio

Tra le altre novità previdenziali in Legge di Bilancio ci sarebbero poi nuove misure per allungare l’età lavorativa e ritardare di conseguenza la pensione, favorendo il versamento di ulteriori contributi prima di ritirarsi. Anche questo è un obiettivo in vista della riforma pensioni 2025, e gli strumenti nell’immediato potrebbero essere due.

  1. La prima è una plata più vasta per il Bonus Maroni (incentivo in busta paga alternativo alla pensione con la quota 103 per chi ne hamaturato i requisiti). Si tratta di uno strumeno che consente di non subire la trattenuta INPS della quota di contributi a carico del lavoratore, ricevendola direttamente in busta pagae  andando così ad aumentare lo stipendio netto. Attualmente prevista solo per chi sceglie di restare al lavoro pur avendo il requisito per la Quota 1013, potrebbe essere allargata a tutto il lavoro dipendente. E non si eslcude che venga anche reso più appetibile il meccanismo, ad esempio con una defiscalizzazione della quota in più che va in busta paga, oppure con una forma di contribuzione figurativa.
  2. La seconda misura riguarda invece la pensione a 70 anni nella PA, che al momento sono obbligati ad andare in pensione al raggiungimento dell’età massima prevista dal proprio ordinamento (limite ordinamentale). La norma in preparazione toglierebbe il vincolo, consentendo quindi il trattenimento in servizio, ma solo su richiesta del dipendente e in base alle esigenze di organico dell’amministrazione.

Flessibilità in uscita ad un bivio

Per quanto concerne la flessibilità in uscita, Quota 103, Opzione Donna e APE Sociale saranno con ogni probabilità previste anche nel 2025, tendenzialmente con le attuali regole, sebbene ancora per poco. E’ infatti attesa nel corso del 2025 attesa la riforma pensioni vera e propria, con una revisione radicale degli strumenti di pensione anticipata.

Di seguito, le formule attuali in scadenza il 31 dicembre 2024.

  • Quota 103: requisito pari a 62 anni di età e 41 anni di contributi entro il 31 dicembre 2024. Ricalcolo interamente contributivo della pensione. Trattamento massimo di quattro volte il minimo fino a 67 anni, età per la pensione di vecchiaia. Finestra mobile di sette mesi.
  • Opzione Donna: 35 anni di contributi e 61 anni di età entro il 31 dicembre 2023. Per le lavoratrici con figli, sconto sull’età pari a un anno per ogni ilgio fino a un massimo di due. Quindi con due figli l’età scende a 59 anni, sempre entro il 31 dicembre 2023. La lavoratrici deve far parte di una delle tre categorie di aventi diritto: disoccupate o occupate in aziende con tavoli di crisi aperti, caregiver, disabili almeno al 74%. Ricalcolo interamente contributivo dellla pensione. Finestra mobile di 12 mesi per le lavoratrici dipendenti e 18 mesi per le autonome.
  • APE Sociale: 63 anni e cinque mesi di età, 30 anni di contributi che salgono a 36 per gli addetti a mansioni gravose. Appartenenza a una delle quattro tipologie di aventi diritto: disoccupati involontari che hanno percepito l’indennità di disoccupazione, caregiver, invalidi almeno al 74%, addetti a mansioni gravose. La prestazione è pari alla pensione maturata nel momento della domanda, può arrivare al massimo a 1500, viene versata fino a quando il lavoratore non acquisisce il diritto all’età pensionabile.