Tratto dallo speciale:

Taglio rivalutazione pensioni: le simulazioni per il 2025

di Teresa Barone

27 Settembre 2024 08:58

logo PMI+ logo PMI+
Pensioni, grava la scure dei tagli anche nel 2025, con il rischio di un calo di reddito legato alla contribuzione versata: allarme e stime Cgil.

Il Governo potrebbe intervenire con pesanti tagli alle pensioni anche nel 2025, con l’obiettivo di recuperare risorse economiche: l’ambito d’azione è quello della consueta rivalutazione degli assegni pensionistici, da due anni oggetto di rimodulazione statale rispetto alle regole stabilite per legge sull’indicizzazione all’aumentato costo della vita.

Al momento non ci sono indicazioni certe di Governo rispetto ad un nuovo taglio delle pensioni, ma ci sono dichiarazioni della Premier Meloni che vanno in questo senso.

Pensioni 2025: aumenti a rischio

Sarebbero dunque interventi riduttivi in aggiunta a quelli già messi in atto per il biennio 2023-2024, sui qualigava peraltro il rischio di incostituzionaltà.

A lanciare l’allarme è stata la Cgil, che lamenta anche un mancato confronto su questo delicato tema con le organizzazioni sindacali. Lo ha spiegato Lorenzo Mazzoli, segretario nazionale dello Spi Cgil:

questo Esecutivo, dopo aver pesantemente ridotto la rivalutazione per il 2023 e il 2024, sta ora pensando di colpire nuovamente i trattamenti pensionistici superiori a quattro volte il minimo, vale a dire pensioni appena superiori a 1.650 euro nette, altro che pensioni ricche.

Ipotesi taglio pensioni 2025: stima perdite

Stando all’analisi del Dipartimento Previdenza della Cgil e dello Spi, nell’arco del triennio 2023-2025 una pensione che ammontava a 1.732 euro nette nel 2022 subirà un taglio complessivo di 968 euro.

Una pensione netta di 2.029 euro, invece, subirà una perdita di 3.571 euro, mentre una pensione di 2.337 euro perderà 4.487 euro. Una pensione netta di 2.646 euro, infine, perderà 4.534 euro.

L’analisi, inoltre, ipotizza una perdita di 8.772 euro per un pensionato con 1.732 euro netti considerando l’aspettativa di vita media. La cifra aumenta notevolmente per chi percepisce 2.646 euro netti, che dovrà rinunciare a 44.462 euro.