Assegno Unico discriminatorio: Italia deferita alla Corte di Giustizia UE

di Anna Fabi

26 Luglio 2024 12:46

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La Commissione UE ritiene l'assegno unico non compatibile con le legislazioni sul lavoro comunitario perché richiede la residenza in Italia, il caso davanti alla Corte di Giustizia UE.

Le regole italiane sull’Assegno Unico non sono compatibili con le norme europee sui diritti dei lavoratori comunitari e pertanto, dopo la messa in mora dello scorso anno, la Commissione UE ha infine deferito l’Italia alla Corte di Giustizia.

In particolare, nel mirino di Bruxelles, c’è l’esclusione dalla prestazione per i non residenti: il vincolo non rispetta i principi sulla sicurezza sociale e la libera circolazione dei lavoratori.

Le discriminazioni dell’Assegno Unico italiano

L’Assegno Unico e Universale è una prestazione a favore della famiglie con figli minorenni, o fino a 21 anni che studiano. Per ottenerla è però necessaria la residenza in Italia del richiedente ed  figli devono far parte del suo nucleo familiare, quindi a loro volta devono risultare residenti.

Bruxelles ritiene questa regola una violazione dei principi fondamentali dell’UE sulla parità di trattamento delle persone, in base ai quali i lavoratori dell’UE (che contribuiscono allo stesso modo al sistema di sicurezza sociale e pagano le stesse tasse dei lavoratori locali) hanno diritto alle stesse prestazioni di sicurezza sociale.

Quindi, secondo la legislazione europea, dovrebbero avere diritto all’Assegno Unico anche i cittadini UE che lavorano in Italia e vi pagano le tasse pur non essendo residenti, (ad esempio, quelli si sono trasferiti solo di recente o i cui figli risiedono in un altro Stato membro).

Senza contare il principio dell’esportabilità delle prestazioni, che vieta qualsiasi requisito di residenza in merito alle prestazioni di sicurezza sociale come ad esempio quelle familiari.

=> Assegno Unico per minori in affido non ancora residenti

Il deferimento alla Corte di Giustizia UE

La compatibilità delle norme sull’Assegno unico con quelle europee è da tempo al centro del dibattito: la Commissione aveva inviato una lettera di costituzione in mora all’Italia a febbraio 2023; vi aveva fatto seguito un parere motivato nel novembre scorso.

Poiché la risposta dell’Italia non ha tenuto sufficientemente conto dei rilievi della Commissione, quest’ultima ha infine deciso di deferire il caso alla Corte di Giustizia dell’Unione europea.