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Riforma Pensioni 2024, l’uscita anticipata è un miraggio

di Alessandra Gualtieri

11 Gennaio 2024 11:16

La riforma pensioni 2024 ha deluso le aspettative dei lavoratori e ridotto all'osso le possibilità di uscita anticipata flessibile: ecco tutte le stime.
La riforma pensioni contenuta nella Legge di Bilancio 2024 ha stretto ulteriormente le maglie per i lavoratori che aspirano all’uscita anticipata, in modo particolare attraverso le tre formule di flessibilità in uscita: APE Sociale, Opzione Donna e Quota 103.

In base alle stime di Governo e alle analisi degli esperti di settore, le uscite previste per l’anno in corso in base alle novità di legge sono esigue.

Vediamole  tutte in dettaglio.

APE Sociale: appena 9mila domande attese nel 2024

Secondo la Relazione tecnica di accompagnamento alla Manovra, riguardo all’APE Sociale i beneficiari 2023 erano circa 16.600 mentre per il 2024 la platea si riduce in realtà a 12.500 persone. Tuttavia, in base alle analisi fornite nel corso di un question time al Senato dello scorso novembre, nonostante le stime di Governo parlino di 14.700 soggetti, in realtà 2.200 sono da escludersi perchè si tratta di lavoratrici alle quali è teoricamente destinata Opzione Donna.

Inoltre, con l’innalzamento del requisito anagrafico (portato a 63 anni e 5 mesi), dall’APE Sociale vengono esclusi tutti i soggetti nati dopo il 1° agosto 1951 (circa 5mila soggetti) con la conseguenza che le domande stimate, in base al trend registrato dal suo primo anno di applicazione ad oggi, si riducono a circa 9mila.

Il tutto, considerando anche l’elenco di addetti a mansioni gravose escluso dal 2024:

  • Professori di scuola primaria, pre-primaria e professioni assimilate
  • Tecnici della salute
  • Addetti alla gestione dei magazzini e professioni assimilate
  • Professioni qualificate nei servizi sanitari e sociali
  • Operatori della cura estetica
  • Professioni qualificate nei servizi personali ed assimilati
  • Artigiani, operai specializzati, agricoltori
  • Conduttori di impianti e macchinari per l’estrazione e il primo trattamento dei minerali
  • Operatori di impianti per la trasformazione e lavorazione a caldo dei metalli
  • Conduttori di forni ed altri impianti per la lavorazione del vetro, della ceramica e di materiali assimilati
  • Conduttori di impianti per la trasformazione del legno e la fabbricazione della carta
  • Operatori di macchinari e di impianti per la raffinazione del gas e dei prodotti petroliferi, per la chimica di base e la chimica fine e per la fabbricazione di prodotti derivati dalla chimica
  • Conduttori di impianti per la produzione di energia termica e di vapore, per il recupero di rifiuti e per il trattamento e distribuzione delle acque
  • Conduttori di mulini e impastatrici
  • Conduttori di forni e di analoghi impianti per il trattamento termico dei minerali
  • Operai semi-qualificati di macchinari fissi per la lavorazione in serie e operai addetti al montaggio
  • Operatori di macchinari fissi in agricoltura e nella industria alimentare
  • Conduttori di veicoli, di macchinari mobili e di sollevamento
  • Personale non qualificato addetto allo spostamento e alla consegna merci
  • Personale non qualificato nei servizi di pulizia di uffici, alberghi, navi, ristoranti, aree pubbliche e veicoli
  • Portantini e professioni assimilate
  • Professioni non qualificate nell’agricoltura, nella manutenzione del verde, nell’allevamento, nella silvicoltura e nella pesca
  • Professioni non qualificate nella manifattura, nell’estrazione di minerali e nelle costruzioni.

Opzione Donna: uno specchietto per le allodole

Per quanto riguarda Opzione Donna, l’ulteriore inasprimento del requisito anagrafico (elevato da 60 a 61 anni, salvo alcune eccezioni e “sconti”) rende la misura sempre meno accessibile, con la possibilità di uscita limitata a poche centinaia di lavoratrici.

Quota 103: oltre al danno anche la beffa

La Quota 103 è la formula “di punta” identificata dal Governo per convogliare le aspirazioni di uscita anticipata. Eppure lo strumento è così poco conveniente che perfino il bonus Maroni (l’incentivo alternativo per chi resta a lavoro) appare più profittevole: bacino potenziale pari a 6.500 lavoratori.

Nel 2024, l’assegno di pensione per chi sceglie la Quota 103 subisce un ulteriore abbattimento fino all’età del trattamento di vecchiaia (ad oggi 67 anni), pari a 4 volte il minimo. Inoltre, il ricalcolo dell’importo pensionistico con il sistema contributivo rende ancora meno allettante il ricorso a questa formula di flessibilità in uscita.

Il Governo stima circa 17mila uscite nel corso dell’anno, ma è assai probabile che la percentuale di adesione (fino allo scorso anno pari al 30% dei potenziali beneficiari), riduce drasticamente questo numero, da cui peraltro restano fuori anche le donne che hanno già raggiunto i medesimi requisiti dell’Opzione Donna 2021.

Morale della favola, i pensionamenti 2024 con Quota 103 potrebbero essere appena 5mila.

Pensioni anticipate: la scure su quelle statali

Un altro duro colpo alle pensioni anticipate è inflitto dal taglio delle quote retributive degli assegni destinati agli statali che rientrano nelle gestioni con aggiornamento delle aliquote di rendimento per i contributi ante 1996 per anzianità inferiori a 15 anni: Enti locali (CPDEL), Cassa sanitari (CPS), Cassa insegnanti di asilo e di scuole elementari parificate (CPI), ufficiali giudiziari (CPUG).

Dal taglio, dopo i correttivi dell’ultima ora alla Legge di Bilancio, si salvano soltanto le pensioni di vecchiaia, le cessazioni per raggiunti limiti di età e i collocamenti a riposto. Chi avrebbe voluto scegliere la pensione anticipata, difficilmente lo farà dal 2024 in poi, tenuto conto anche delle proibitive finestre mobili di uscita.

E la scappatoia per i medici (sono 18.000 quelli tra i 62 e i 66 anni che potrebbero aver raggiunto i requisiti per la pensione anticipata) sembra piuttosto pensata per incentivare i sanitari a restare al lavoro per altri tre anni così da non subire penalizzazioni.

In definitiva, una riforma pensioni che senza dubbio lascia meno povere le casse dello Stato e rende più sostenibile la previdenza, ma di cui i lavoratori avrebbero fatto sicuramente a meno. Soprattutto dopo le tante promesse elettorali.

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